Una via metabolica attivata dall’interferone gamma prodotto dalle cellule tumorali stimola l’aumento, nel microambiente tumorale, di linfociti T regolatori con funzione di immuno-soppressori
Il sistema immunitario è uno dei nostri più potenti alleati contro il cancro, ma le sue potenzialità sono spesso limitate dalle capacità del cancro stesso di eludere la risposta immune. È quanto accade in alcune forme di leucemia mieloide acuta caratterizzate da un aumento dei linfociti T regolatori (Treg). Sono cellule che di norma attenuano le risposte immunitarie per evitare che diventino eccessive e, dunque, controproducenti. Se sono troppe, però, impediscono al sistema immunitario di attivarsi in modo efficace contro il tumore. Un meccanismo che può spiegare questo aumento di linfociti Treg è stato osservato in uno studio condotto presso l’Istituto di ematologia, IRCCS Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna, diretto da Michele Cavo e coordinato da Antonio Curti, dello stesso istituto, e da Marilena Ciciarello, dell’Istituto di genetica molecolare del CNR di Bologna. Il meccanismo potrebbe rivelarsi importante per nuovi sviluppi terapeutici. Lo studio, reso possibile dal sostegno di Fondazione AIRC, si è avvalso della collaborazione di altri gruppi, tra i quali quello di Mario Colombo e Sabina Sangaletti dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Clinical Cancer Research.
Combinando vari esperimenti – dalle analisi su campioni di pazienti a studi con cellule in coltura e con animali di laboratorio – Curti e colleghi hanno scoperto che in alcuni pazienti le cellule leucemiche possono produrre interferone gamma. Questo induce particolari cellule del microambiente tumorale all’interno del midollo osseo a produrre una molecola chiamata IDO1, che a sua volta stimola l’aumento dei linfociti T regolatori. È dunque un finissimo dialogo tra le cellule tumorali e quelle del microambiente a conferire all’interferone gamma, tradizionalmente associato all’attivazione del sistema immunitario, un ruolo di immuno-soppressore. «Ora», afferma Curti, «ci proponiamo di capire se la produzione di interferone gamma da parte delle cellule leucemiche possa fungere da marcatore per predire la risposta dei pazienti all’immunoterapia. Inoltre stiamo cercando strategie per bloccare in modo specifico questo meccanismo di evasione dal sistema immunitario, strategie che potrebbero rappresentare nuove prospettive terapeutiche».
Per ottenere risultati così promettenti la ricerca con topi di laboratorio è stata fondamentale. «Grazie a sofisticati strumenti bioinformatici, i dati raccolti dai pazienti ci permettono di ipotizzare ragionevoli meccanismi biologici, ma queste ipotesi vanno confermate con esperimenti», spiega Curti. «Gli studi con le cellule in coltura non bastano, perché in cellule tumorali isolate non possiamo riprodurre le complesse interazioni tra queste e le altre cellule immunitarie e del microambiente. Servono esperimenti in organismi completi e in questo caso il topo è prezioso, perché ha un sistema immunitario molto simile a quello umano. Senza questi esperimenti non si potrebbe avere una conferma più solida delle ipotesi in campo, né cominciare a valutare molecole con possibile effetto terapeutico».