Continuiamo i nostri approfondimenti sulla sperimentazione animale in UE andando a guardare le categorie d’impiego e la gravità delle procedure. La ricerca (di base e applicata/translazionale) si conferma come il campo che richiede più usi di animali, ma crescono anche gli usi volti alla conservazione delle specie; le procedure sono in prevalenza lievi e moderate, con limitate percentuali di non risvegli

Abbiamo iniziato ad approfondire gli elementi più significativi che emergono dalle statistiche sull’uso degli animali a fini scientifici per il 2021 e il 2022, raccolti e pubblicati dalla Commissione europea. Dopo aver dato uno sguardo al numero complessivo di animali, alle specie usate e alla loro provenienza, abbiamo riportato i dati per l’Italia e andiamo ora a vedere quelli relativi alle categorie di utilizzo.
Quando si parla di sperimentazione animale, infatti, si parla in realtà di molte – e molto diverse – attività che vanno dalla ricerca di base fino agli studi per la conservazione della natura. Guardare a questi dati è fondamentale per capire quali campi hanno ancora un maggior bisogni di animali e, in modo indiretto, come progredisce lo sviluppo di metodi alternativi che consentono invece di ridurne e a volte eliminarne la necessità.

In questo contesto, riportiamo anche le principali informazioni relative alla gravità delle procedure usate, un dato che permette di stimare a quanto dolore/stress sono sottoposti gli animali. La classificazione della gravità delle procedure tiene infatti in considerazione non solo l’eventuale dolore fisico ma anche la sofferenza psicologica per l’animale che può derivare anche solo, per esempio, dal dover essere maneggiato da un umano (per maggiori informazioni su come si valuta la gravità delle procedure, rimandiamo al nostro approfondimento dedicato).

È importante ricordare che i dati relativi alle categorie di utilizzo non sono riferiti al numero di animali usato bensì al numero di usi: uno stesso individuo può infatti essere usato più di una volta, se in accordo con i requisiti di specifiche norme legislative.

Per eventuali approfondimenti sulle specifiche finalità di impiego, rimandiamo ai report UE che, lo ricordiamo, sono pubblici e liberamente consultabili.

La ricerca di base e applicata/translazionale

La ricerca è da sempre il campo che richiede un maggior numero di animali. La Commissione europea distingue tra gli usi necessari per la ricerca:

  • di base, cioè volta ad aumentare le conoscenze senza avere un’immediata ed evidente ricaduta pratica. Ne sono un esempio gli studi che indagano i meccanismi dello sviluppo dei tumori, quelli dedicati alla fisiologia dei diversi organi e apparati, allo sviluppo dell’organismo, ma anche le ricerche dedicate all’etologia e al comportamento animale;
  • applicata/translazionale, volta ad applicare le conoscenze in un contesto pratico. Ne sono un esempio gli studi per individuare e sviluppare nuovi farmaci (che si distinguono però dai test eseguiti per legge quando una nuova sostanza deve essere immessa in commercio), ma anche studi come quelli dedicati a nuovi strumenti diagnostici, differenti tipi di alimentazione, sistemi per migliorare il benessere animale.

La ricerca si è confermata essere la categoria cui gli animali sono più necessari anche nel 2021 e nel 2022 ma, rispetto agli anni precedenti, sono diminuiti gli usi per la ricerca di base e aumentati invece quelli per la ricerca applicata/translazionale (che, lo ricordiamo, in Italia rappresenta la terza categoria di usi, superata dagli scopi regolatori). La ragione, secondo il documento UE, è legata da una parte all’introduzione di nuove categorie per la classificazione dei campi d’impiego, che ha permesso di portare alcuni usi un tempo classificati come ricerca di base in altre categorie. Dall’altra, tre grandi progetti (due in Norvegia e uno in Spagna) sui pesci hanno portato nel 2021 sia all’aumento sia degli animali usati per la prima volta, sia, in proporzione, agli usi per la ricerca applicata. L’anno successivo, infatti, gli usi per quest’ultima sono diminuiti del -22,5%.

Vale la pena precisare che, nell’ambito della ricerca di base, il campo che ha richiesto maggiore uso di animali è, sia nel 2021 che nel 2022, quello degli studi sul sistema nervoso (per il quale, d’altronde, sono particolarmente significativi i limiti e la disponibilità dei metodi alternativi), seguiti dagli studi di immunologia e oncologia. Per quanto riguarda la ricerca applicata/translazionale, nel 2021 la maggior parte degli usi riguardava le malattie animali, seguiti da quelli sul benessere e infine la nutrizione animale. Nel 2022, invece, sono stati gli studi sul benessere animale a richiedere maggiori utilizzi, seguiti da quelli sui tumori umani e da quelli sulle malattie veterinarie.

Particolarmente interessante è la panoramica della Commissione UE sui destinatari finali della ricerca, sia di base o applicata/translazionale. I dati mostrano come, sebbene la nostra sia la specie per la quale è portata avanti la maggior parte degli studi, percentuali significative degli usi sia comunque dedicata agli animali (animal-centred, categoria che raccoglie tutti gli studi di etologia e comportamento delle altre specie, quelli sulle malattie animali e di veterinaria, sull’alimentazione e il benessere animale). Nella categoria “altri” rientrano per esempio studi di ecotossicologia non a fini regolatori).

Uso a scopo regolatorio

Rientrano in questa categoria tutti gli usi di animali necessari per soddisfare gli obblighi di legge relativi all’immissione e al mantenimento in commercio di sostanze: farmaci, compresi quelli a uso veterinario, ma anche alimenti umani e mangimi animali. Riportiamo nella tabella gli usi a questo scopo, evidenziando la costante decrescita che hanno registrato nel corso degli anni (-32% tra il 2018 e il 2022).

In questo contesto, riportiamo anche i dati relativi agli scopi legislativi per i quali sono stati usati gli animali, evidenziando il trend di diminuzione per gli obblighi di legge relativi ai medicinali umani e l’aumento invece di quelli per i medicinali veterinari.

Produzione di routine

Rientrano in questa categoria gli usi per la produzione di prodotti del sangue, come per esempio gli anticorpi mono- e policlonali e siero, che hanno rappresentato circa il 4% di tutti gli usi nel 2022. Le specie più usate, specifica il report, sono conigli, topi e uccelli.

Altre categorie di utilizzo

Rientrano in questo gruppi gli studi di animali volti a:

  • conservazione dell’ambiente,
  • conservazione delle specie,
  • alta formazione,
  • training per il mantenimento delle competenze professionali,
  • indagini forensi.

Tanto nel 2021 quanto nel 2022 vi è stato un significativo aumento degli usi di animali in queste categorie (900.000 nel 2021 e 788.956 nel 2022, meno che nell’anno precedente ma comunque con +114,2% rispetto al 2018). A contribuire a questo incremento sono soprattutto gli studi per la conservazione delle specie. Gli usi hanno riguardato soprattutto pesci, uccelli, rettili, anfibi e cefalopodi (questi ultimi tre gruppi sono conteggiati insieme).

La gravità delle procedure

Concludiamo questa rassegna guardando alla gravità delle procedure nelle quali sono stati usati gli animali. Ricordiamo che la classificazione non tiene in considerazione solo la sofferenza psicofisica, ma anche l’eventuale ripetizione di una procedura. È, in altre parole, una stima cumulativa: pertanto, anche usi classificati come lievi (per esempio, un prelievo di sangue) aumentano di gravità se ripetuti più volte.

Come negli anni precedenti, anche nel 2021 e nel 2022 le procedure gravi e il non risveglio rappresentavano una minoranza. Le prime sono associate, spiega il report UE, soprattutto agli usi per la produzione di routine e, in particolare, alla produzione di anticorpi con il metodo delle ascite. Si tratta di un metodo invasivo, basato sull’iniezione di cellule ibride nella cavità peritoneale degli animali (soprattutto nei topi) e che permette, dopo un certo periodo, di prelevare il liquido formatosi per raccoglierne gli anticorpi. Proprio a causa della sofferenza che causa agli animali, la ricerca sta sviluppando metodi alternativi quali, per esempio, le culture in vitro basate sui bioreattori (che però presentano tutt’oggi alcuni limiti; vale anche la pena ricordare che molti metodi alternativi, e in particolare le culture in vitro, non sono ancora del tutto cruelty free, perché necessitano del siero fetale bovino).

Altri usi che richiedono procedure gravi si registrano per esempio nei test a scopo regolatorio, come alcuni relativi alla tossicità delle sostanze, quali i test di tossicità acuta, di ecotossicità, e il batch potency testing (usati per valutare la potenza di un lotto specifico di un prodotto biologico o farmaceutico, garantendo che ogni lotto del prodotto soddisfi gli standard di qualità e di efficacia prima di essere distribuito per l’uso clinico o commerciale).

Le categorie d’utilizzo che invece registrano quasi esclusivamente procedure lievi e moderate sono nel gruppo di “altro”, e in particolare quelle per la conservazione dell’ambiente e delle specie, e gli studi di ricerca applicata/translazionale dedicati al benessere e all’alimentazione animale.

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