Un nuovo modello in vitro permette di valutare l’attività biologica dell’FSH, un ormone usato nei farmaci per il trattamento della fertilità
Metodi analitici alternativi che non richiedono l’utilizzo del modello animale: se ne parla spesso, ma seguirne gli avanzamenti non è semplice. Eppure si tratta di un campo in continua evoluzione, nel quale tecniche già note vengono nel tempo migliorate, mentre altre ne vengono sviluppate. È il caso di una metodica recentemente messa a punto e che permette di valutare l’efficacia, o più propriamente di eseguire il potency testing, cioè quella procedura volta a misurare la capacità di ogni lotto di un farmaco o di un principio attivo di produrre un effetto terapeutico o biologico, specifico e costante da lotto a lotto.
Il metodo, cui è stato assegnato quest’anno il premio annuale del National Centre for the Replacement, Refinement and Reduction of Animals in Research (NC3R), è sviluppato da Francesco Nevelli dell’azienda farmaceutica Merck K.G.a.A. e dal suo gruppo di lavoro, ed è pensato per il potency testing dell’ormone follicolo-stimolante (Follicle-Stimulating Hormone, FSH), prodotto e commercializzato per i trattamenti della fertilità.
Perché un metodo in vitro per il test del FSH
Nell’organismo femminile, l’FSH stimola la crescita dei follicoli ovarici, preparandoli per l’ovulazione; è un elemento fondamentale per i trattamenti della fertilità, soprattutto per le fecondazioni in vitro, perché permette di aumentare gli oociti disponibili. Si ottiene in diversi modi: può per esempio essere purificato dall’urina umana, oppure ottenuto con le tecnologie del DNA ricombinante, prodotto da cellule geneticamente modificate.
Una volta prodotto, però, bisogna valutarne grado di purezza e le caratteristiche fisico-chimiche, che possono essere influenzate dal processo di produzione. Di conseguenza è necessario, per obblighi normativi, eseguire dei test su ogni lotto dell’ormone (il cosiddetto batch testing) per garantire che abbia una specifica attività biologica. Questi test sono eseguiti sui ratti: alle femmine, suddivise in tre gruppi, sono iniettate tre dosi crescenti di ormone; dopo tre giorni di trattamento si misura l’aumento del peso delle ovaie, correlato alle dosi di FSH somministrate.
Come funziona il nuovo metodo in vitro
«Il nostro metodo utilizza una linea cellulare che è stata modificata per esprimere in maniera stabile il recettore umano per FSH: l’abbiamo scelta dopo diverse valutazioni sperimentali, con le quali si è evidenziato come fosse in grado di rispondere alla stimolazione con FSH in maniera immediata, altamente dose dipendente e con grande riproducibilità», spiega Nevelli.
Una volta somministrato l’FSH alle cellule, si valuta la produzione di una molecola detta cAMP. «Anche in questo caso, la stimolazione avviene con dosi crescenti di ormone. Il legame tra il farmaco e il recettore target attiva il recettore che da inizio a una cascata di eventi cellulari specifici, che portano all’incremento intracellulare di cAMP in risposta al stimolazione con FSH», continua Nevelli.
Da un punto di vista analitico, il metodo si è rivelato molto sensibile e in grado di rilevare piccole modifiche che possono avvenire a livello chimico o strutturale della molecola.
Come si arriva a un test alternativo
Il nuovo metodo in vitro è già stato approvato dalla European Medicine Agency (EMA), l’ente regolatorio dell’Unione europea responsabile della valutazione e supervisione dei farmaci. «L’ideazione è partita dallo studio del meccanismo di azione dell’ormone, in particolare a livello dell’interazione tra la molecola e il recettore target e dei pathway cellulari che vengono attivati», racconta Nevelli. «Svilupparlo ha richiesto circa cinque anni di lavoro. Una volta ottenuto il metodo ottimizzato e verificate in maniera preliminare le sue performance, si è proceduto alla convalida della metodica e successivamente a diversi studi atti a comparare le performance del metodo in vitro rispetto a quello in vivo sui ratti, per dimostrare come saremmo stati in grado di mantenere il livello di controllo sulla qualità dei nostri prodotti finali anche introducendo il metodo alternativo. Lo sviluppo e la seguente convalida sono stati eseguiti in conformità con quanto indicato dalle linee guida di ICH (un’organizzazione che riunisce autorità regolatorie e l’industria farmaceutica per armonizzare gli standard tecnici e scientifici necessari per lo sviluppo e la registrazione dei farmaci destinati all’uso umano) e USP (United States Pharmacopeia)».
Tutto il processo ha anche visto il coinvolgimento di esperti ed esperte di diverse discipline: «Le basi sulle quali ci siamo sempre appoggiati sono le competenze trasversali del team, che vanno dalla biologia cellulare alla statistica, la chimica delle proteine e l’ambito regolatorio. Quest’ultimo è fondamentale per affrontare tutto il processo di sottomissione della richiesta del cambiamento che è attualmente in atto e coinvolge quasi tutti i paesi al mondo: ciascuno di loro infatti, in maniera indipendente, valuta ed eventualmente approva localmente il cambiamento».