Il principio delle 3R sta evolvendo con l’introduzione della quarta R, Responsibility, che richiama alla responsabilità etica e scientifica nella gestione della ricerca sugli animali. Sebbene non ancora formalmente riconosciuta, questa quarta R è sempre più presente, in modo esplicito o implicito, in documenti come la Dichiarazione di Basilea (2010), in linee guida e siti accademici o istituzionali, sottolineando l’importanza della proattività del mondo della ricerca nella tutela degli animali e della trasparenza nella comunicazione pubblica

La scorsa settimana abbiamo dedicato un approfondimento al principio delle 3R che guida la sperimentazione animale. Un principio le cui origini non sono recenti (è stato formulato alla fine degli anni ’50) e che, pur essendo sempre stato un cardine della sperimentazione animale, tanto da essere pienamente integrato anche nella normativa di riferimento, è andato anche evolvendosi nel tempo.
Le 3R (Replacement, Reduction, Refinement) sono state infatti via via meglio definite nel corso degli anni e all’avanzare tanto degli strumenti disponibili per dare loro applicazione. E sebbene le R oggi riconosciute siano ancora solo tre, sempre più spesso e da più parti se ne sentono citare anche di nuove. Al computo di questo principio, infatti, potremmo aggiungere ancora almeno due R: Rehoming (o Rehabilitation), il principio per il quale, quando possibile, agli animali usati nella sperimentazione dovrebbe essere data la possibilità di condurre nuova vita al di fuori dei laboratori; e Responsibility, responsabilità, che sottolinea la necessità di un approccio etico e trasparente alla ricerca.

Poiché al Rehoming abbiamo già dedicato alcuni approfondimenti (qui e qui due esempi recenti), oggi vogliamo invece approfondire l’altra possibile R, quella che richiama alla responsabilità di ricercatori e ricercatrici.

Partiamo da una premessa: questa quarta R non è ancora universalmente riconosciuta né integrata, a differenza nelle tre “originali”, nei quadri normativi. In effetti, non è neanche del tutto univoco il suo significato. Ma, esplicitata o meno che sia, la sua presenza è diventata pervasiva in diversi contesti scientifici.

La Dichiarazione di Basilea del 2010

Uno dei documenti di riferimento in questo senso è la Dichiarazione di Basilea, un documento firmato da un vasto gruppo di scienziati e scienziate che rappresenta un impegno formale a rispettare gli animali usati in ricerca: un impegno svolto in dieci punti, in ciascuno dei quali alla base vi è proprio la responsabilità del mondo scientifico.

Vi troviamo la responsabilità a rispettare e proteggere gli animali usati, garantendo che non siano causati loro dolore e sofferenza inutili; la responsabilità a «verificare meticolosamente» che la ricerca che si svolge non possa fare a meno dell’uso degli animali, e quella di stimolare le collaborazioni per limitare inutili repliche sperimentali che coinvolgono gli animali. Ma c’è anche una responsabilità verso la società e la politica, nei punti 9 e 10, perché l’impegno dei firmatari è anche quello di fornire riposte e informazioni in modo trasparente così da consentire decisioni consapevoli. E ancora, la responsabilità della formazione per lo stesso mondo scientifico («utilizzare
gli
standard
più
alti
per
la
formazione
e
la
qualificazione
del
personale
che
lavora con
gli
animali
e
verificare
regolarmente
l’osservanza
di
tali
standard», punto 7).

Responsabilità significa anche comunicazione trasparente

Insomma, anche se la Dichiarazione di Basilea non introduce formalmente la Responsibility come una quarta R, ne anticipa il concetto, enfatizzando il ruolo del mondo scientifico nella gestione responsabile della ricerca sugli animali e nella comunicazione con la società.

Nel tempo, il concetto della quarta R ha guadagnato terreno nel dibattito scientifico e ha iniziato ad apparire in alcune linee guida e nelle dichiarazioni di alcuni enti di ricerca pubblici e privati. Come anticipato, non rappresenta ancora un principio formale. Però è presente nelle linee guida del National Committee for Research Ethics in Science and Technology (NENT) norvegese, che sono interamente incentrate sul concetto di responsabilità: responsabilità di impegnarsi per il rispetto del principio delle 3R, ma anche di valutare il rapporto tra rischi e benefici delle proprie ricerche, di tutelare la biodiversità (in riferimento per esempio all’uso di specie a rischio di estinzione, come avviene per alcuni primati), di minimizzare il possibile impatto negativo quando s’interviene in un habitat naturale (per esempio con l’installazione di strumenti di monitoraggio), di essere trasparenti e garantire la condivisione dei propri dati, di garantire la formazione di ogni operatore e operatrice che entra in contatto con gli animali.

La Max Planck Society, una delle principali organizzazioni tedesche dedita alla ricerca di base, è tra le realtà che esplicita il proprio impegno a favore della quarta R, un impegno preso su tre fronti: migliorare la vita sociale degli animali da laboratorio; sviluppare ulteriormente la base scientifica per determinare in modo oggettivo sensibilità, percezione del dolore, coscienza e dell’intelligenza nel regno animale; impegnarsi in modo proattivo per migliorare la qualità e la competenza del dibattito pubblico sull’etica animale.

Anche diverse aziende private dichiarano il proprio impegno a favore della Responsibility. Per esempio, i Charles River Laboratories, un’azienda farmaceutica che fornisce, tra gli altri strumenti e servizi, anche molti animali per la sperimentazione, descrive così il suo obiettivo di responsabilità: «Guidare il progresso all’interno del settore riguardo all’uso degli animali, attraverso sforzi cooperativi sia internamente che con clienti e agenzie regolatorie».

Se sono relativamente pochi gli enti e gli articoli scientifici che le dedicano spazi specifici (sebbene la rivista Frontiers in Pharmacology stia preparando un numero speciale proprio su questo tema), la quarta R è di fatto quasi onnipresente. Nel 2019, l’NC3R, uno dei principali enti a livello mondiale impegnati nell’applicazione del principio delle 3R, ha pubblicato il documento Responsibility in the use of animals in bioscience research. Sono linee guida per ricercatori e personale che usano gli animali in cui il richiamo alla responsabilità non è solo presente nel titolo, ma chiaro fil rouge del testo. Un aspetto interessante del documento è che esplicita come la Responsibility ampli il discorso rispetto al tradizionale principio delle 3R, tradizionalmente associate in modo diretto al trattamento degli animali nei protocolli sperimentali. Questa responsabilità, infatti, è un richiamo al mondo della ricerca affinché sia coinvolto in modo attivo nel rispetto delle 3R come impegno etico oltre che come obbligo normativo; introduce, inoltre, il concetto di responsabilità nel rapporto con il pubblico e con i decisori politici, richiedendo maggiore trasparenza nella comunicazione sull’uso degli animali. Elemento, quest’ultimo, che guida anche lavoro di Research4Life, così come quello di associazioni quali EARA, che promuovono il concetto di responsabilità attraverso iniziative di public engagement sulla sperimentazione animale.

È anche un elemento su cui sappiamo che c’è ancora molto da fare, come evidenzia la recente analisi, condotta proprio da EARA, sulla trasparenza dei siti istituzionali e accademici delle realtà che usano gli animali (nella quale l’Italia emerge come particolarmente deficitaria). Ma, come dimostra la crescente attenzione nei confronti della Responsibility, la quarta R è di fatto già qui: il futuro della ricerca non potrà prescindere da questa responsabilità condivisa, che impone di garantire tanto il rispetto delle 3R, quanto una comunicazione trasparente e un dialogo aperto con la società.

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