Ci sono due paroline che disturbano i pensieri del “ricercatoro”.
Si tratta dell’espressione inglese “cruelty free”, traducibile in italiano come “senza crudeltà” e che connota le aziende che, a vario titolo, non effettuano sperimentazione sugli animali.
Io non mi reputo affatto un uomo crudele, voglio bene agli umani ed agli animali, amo i miei bambini ed il mio gatto. Faccio ricerca e sperimento anche sugli animali perché so bene che questo è il modo migliore per combattere malattie gravi, che spesso conducono alla morte o ad invalidità permanenti le persone. Mi ritengo un essere razionale e non un crudele e quindi contesto questa formula, che dà un giudizio di valore profondamente sbagliato.
E soprattutto non posso accettare che si approprino di questa dicitura aziende totalmente incoerenti, come quelle che producono cibo in scatola per cani e gatti.
Ma come? Aziende che uccidono altri animali per darli da mangiare ai cosiddetti “pets” si fregiano della dicitura “cruelty free”? Da notare che nessuna delle marche famose cerca di risolvere il problema di fondo dell’uccisione di animali di altre specie (mucche, maiali, vitelli, conigli, polli, ecc.) per nutrire cani e gatti o altri “animali d’affezione” carnivori. Invece alcune di queste, furbescamente, asseriscono di non essere “crudeli” semplicemente perché non utilizzerebbero colonie di cani o gatti cui dare da mangiare i loro prodotti, ma perché li testerebbero grazie alla compiacenza di padroni consenzienti di alcuni cani e gatti.
Siamo alla follia, sono i padroni che decidono per i loro animali, come quando decidono che animali notoriamente carnivori debbano essere alimentati a verdure o farine, facendoli diventare a forza vegani, tanto che esiste in commercio la marca “VECAN”, che produce cibi per cani vegani….
Spero che il nuovo anno ci liberi dalle dittatura delle parole, per cui la gente viene indotta a ragionare per stereotipi o non liberamente.
Il Ricercatoro