È con una certa frequenza che si torna a parlare della capacità del “cibo spazzatura” (nel caso specifico i biscotti Oreo) di indurre dipendenza in modo simile alle sostanze d’abuso (nel caso specifico cocaina). Questa “credenza” ha avuto origine da una non corretta lettura dei risultati ottenuti in uno studio sperimentale condotto da Schroeder J. e Cameron L. presso il Connecticut College negli USA.
Nel loro studio i ricercatori hanno fatto associare ai ratti i due lati di un labirinto a due cibi diversi: biscotti Oreo e tortine di riso. I ricercatori hanno poi misurato quanto tempo i ratti spendevano in entrambi i lati del labirinto in assenza di Oreo e tortine di riso.
Non sorprende che i ratti abbiano speso molto più tempo dove avevano assaporato gli Oreo rispetto a dove avevano trovato le tortine di riso.
Ripetendo l’esperimento con cocaina o morfina da un lato del labirinto e soluzione fisiologica d’altro lato, i ricercatori hanno replicato risultati già noti da tempo, ovvero che i ratti spendevano più tempo in contatto con il lato del labirinto che era stato associato alle sostanze d’abuso.
I risultati dimostrano una chiara preferenze dei ratti per gli Oreo (rispetto a tortine di riso) e per la cocaina o morfina rispetto alla soluzione salina. Ma questo non significa che i biscotti Oreo siano in grado di indurre dipendenza.
Lo studio effettuato non poteva determinare se gli Oreo inducessero dipendenza come la cocaina o la morfina. Infatti, per rispondere ad una domanda del genere sarebbero stati necessari altri modelli sperimentali, come quelli basati sul condizionamento operante, in cui i ratti avessero la possibilità di “lavorare” (premere una leva di una gabbia di Skinner) per ottenere uno o l’altro rinforzo (biscotti Oreo o sostanza d’abuso).
I ricercatori hanno anche misurato l’espressione di una proteina chiamata c-Fos, proteina che indica l’attività delle cellule del cervello, nel nucleo accumbens dei ratti (un’area cerebrale fondamentale per il piacere e il rinforzo positivo sicuramente coinvolta nella dipendenza da farmaci).
Il fatto che il nucleo accumbens fosse attivato dagli stimoli associati agli Oreo così come dagli stimoli associati alle sostanze d’abuso non dimostra nulla circa il potenziale d’abuso degli Oreo. E’ infatti risaputo che stimoli associati ad eventi piacevoli siano in grado di attivare neuroni del nucleo accumbens, ma è anche noto che i neuroni attivati dai rinforzi appetibili quali gli Oreo non sono necessariamente simili a quelli attivati da stimoli associati alle sostanze d’abuso.
In conclusione, i risultati dello studio sono coerenti con il fatto che consumare gli Oreo può essere piacevole. Ma questo lo sapevamo già.
Luigi Cervo
Capo Laboratorio di Psicofarmacologia Sperimentale – IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Milano