La Casa Bianca ha erroneamente definito come ‘transgender’ gli animali usati in alcuni studi biomedici. Chiariamo la terminologia corretta e il valore scientifico di queste ricerche

Tra i nostri obiettivi principali vi è la divulgazione corretta e trasparente sugli animali usati nella ricerca scientifica. Per questo riteniamo importante correggere le informazioni distorte, evitando la politicizzazione della ricerca e contribuendo a mantenere il dibattito basato sui dati e le conoscenze scientifiche.

Per questa ragione oggi vogliamo concentrarci sulla nota pubblicata dalla Casa Bianca, circolata anche su diversi media, che contesta gli investimenti dell’amministrazione dell’ex presidente US Biden per “esperimenti su animali transgender”. Ma questi animali non sono affatto transgender e gli studi citati dalla nota stessa non riguardano solo le persone transgender ma possono avere importanti implicazioni anche per la popolazione cisgender.

Animali GM e transgenici, non transgender

Uno dei primi errori a emergere dalla nota è l’uso del termine transgender riferito agli animali. In realtà, si tratta di studi che in gran parte usano animali transgenici o geneticamente modificati. Abbiamo già avuto occasione di approfondire su questo sito il ruolo e l’importanza di questi modelli animali ma, prima di approfondire le ragioni biomediche degli studi citati dalla Casa Bianca, riproponiamo una breve spiegazione.

Si parla di animali geneticamente modificati (GM) per indicare organismi il cui DNA è stato modificato; gli animali transgenici ne rappresentano un sotto-insieme. Più in particolare, si parla di animali transgenici quando la modifica del loro genoma prevede l’inserimento di un gene, di solito proveniente da una specie differente, che può per esempio bloccare l’espressione di altri geni dell’animale oppure conferirgli nuove caratteristiche.

Gli animali GM hanno un ruolo imprescindibile per la ricerca biomedica: consentono infatti di riprodurre malattie genetiche umane che non possono essere studiate nei soli modelli in vitro, studiandone gli aspetti biologici, la progressione e gli effetti delle terapie. Hanno un ruolo chiave anche nella ricerca di base, perché permettono di studiare in modo specifico il ruolo di singoli geni. Ancora, trovano impiego in campo farmacologico: alcuni animali sono infatti geneticamente modificati per produrre specifiche sostanze (si parla di pharming, una crasi tra i termini che indicano la farmacologia e l’allevamento): per esempio, in Europa è approvato fin dal 2006 l’uso dell’antitrombina-alfa, una molecola necessaria per il trattamento di alcuni disturbi di coagulazione, prodotta nel latte di capre transgeniche.

Vi è un ulteriore appunto che si può fare rispetto all’uso del termine “transgender” riferito a specie diversa dalla nostra. Infatti, se è vero che la varianza di sesso e genere è ampiamente rappresentata in natura (il primatologo Frans de Waal osservava come anche nei nostri parenti più stretti vi possono essere individui dal genere non conforme al sesso), non possiamo sapere come le altre specie percepiscano la propria appartenenza a un genere. Il termine transgender è dunque riferito a un concetto culturale applicabile alla nostra sola specie.

Gli studi citati dalla Casa Bianca

Nella sua nota, la Casa Bianca cita le spese per alcuni studi biomedici basati sugli animali. Alcuni, ma non tutti, sono basati su animali geneticamente modificati. In linea generale, queste ricerche hanno in comune lo studio degli effetti degli ormoni in diversi contesti. Molti si concentrano sugli ormoni usati per la terapia di affermazione di genere, ma altri sono esempi di medicina di genere o, comunque, portano informazioni importanti anche per le persone cisgender. Vediamoli.

  • Effetti della terapia ormonale di affermazione di genere sulla risposta immunitaria a un vaccino contro l’HIV. È un progetto che esamina come la terapia ormonale influenzi la risposta immunitaria a un vaccino sperimentale contro l’HIV, su cui la ricerca biomedica è attiva da tempo. Gli ormoni sessuali possono influenzare il sistema immunitario e le persone transgender in terapia ormonale possono avere una risposta immunitaria differente rispetto a chi non assume ormoni. Uno studio in questo campo aiuta quindi a garantire che il vaccino sia efficace in ogni persona e, più in generale, anche a valutare gli effetti degli ormoni sessuali sull’efficacia del vaccino.
  • Conseguenze riproduttive della somministrazione di ormoni steroidei. Lo studio indaga nei topi come gli ormoni steroidei influenzino la salute riproduttiva delle persone transgender e la reversibilità degli effetti della terapia ormonale: «Il nostro obiettivo a lungo termine è fornire i dati necessari per un counseling sulla fertilità basato sull’evidenza per gli uomini transgender», si legge nella descrizione del progetto.
  • Effetti della terapia con testosterone sul rischio di cancro alla mammella. Il tumore al seno, o più precisamente alla mammella, è a oggi la prima causa di morte per cancro nelle donne: ma come cambia il rischio per gli uomini transgender? Lo studio indaga nei topi come il testosterone, impiegato nelle terapie di affermazione di genere (ma anche per alcune condizioni mediche), influisca su sviluppo e progressione del tumore del seno, confrontando il rischio tra topi femmine non sottoposte ad alcun trattamento, femmine senza ovaie (ooforectomizzate) e femmine trattate con testosterone. Ma i risultati dello studio non sono a beneficio esclusivo degli uomini transgender: come specificato nella descrizione del progetto, «Queste conoscenze avranno implicazioni dirette nella comprensione del rischio di tumore della mammella e apriranno nuove strade nel trattamento anche degli uomini e delle donne cisgender». La ragione è che in questa forma di tumore gli ormoni sessuali giocano un ruolo importante, ma non ancora del tutto chiarito.
  • Effetti del microbioma sulla terapia ormonale di affermazione di genere. Si tratta di uno studio dedicato a capire come la terapia ormonale di affermazione di genere influisca sulla salute delle ossa e sul microbioma intestinale, e su come questi siano tra loro legati, indagando anche gli effetti dei farmaci cosiddetti “bloccanti della pubertà”.
  • Effetti degli androgeni sull’asse neuroendocrino riproduttivo. Anche in questo caso, si tratta di un progetto il cui obiettivo è capire come gli ormoni usati nelle terapie di affermazione di genere possano influenzare la salute riproduttiva e la fertilità. Comprende sia una parte di studio clinico con uomini transgender (per analizzare gli effetti del testosterone sui livelli di ormone luteinizzante, sull’attività dell’ipotalamo e sulla funzione ovarica), sia una parte con topi transgenici per capire il meccanismo molecolare con cui il testosterone inibisce il sistema ormonale femminile, anche indagandone aspetti genetici nel sistema nervoso centrale.
  • Ruolo degli ormoni gonadici nell’asma. Quest’ultimo studio non è nemmeno dedicato in modo specifico alle persone transgender. È piuttosto un esempio classico di medicina di genere: indaga infatti le differenze nell’asma tra uomini e donne, perché diversi studi hanno già evidenziato come questa patologia sia peggiore, in termini di gravità e frequenza delle esacerbazioni, nelle donne rispetto agli uomini. Il progetto vuole capire se tali differenze siano più influenzate dai cromosomi sessuali o dagli ormoni. In altre parole: se gli estrogeni influenzano l’asma, il motivo è solo che chi ha XX produce più estrogeni? Oppure i cromosomi XX hanno un effetto diretto sui polmoni e sul sistema immunitario, indipendentemente dagli ormoni? Lo studio vuole inoltre approfondire la capacità degli estrogeni nell’influenzare la gravità dell’asma e quali recettori, a livello polmonare, siano coinvolti nell’infiammazione, utilizzando anche topi transgenici.

Insomma, non tutti questi progetti sono strettamente dedicati alle persone transgender. Alcuni hanno obiettivi importanti nell’ambito della medicina di genere, un campo che negli anni si è affermato sempre di più per il suo ruolo imprescindibile nel migliorare diagnosi e prevenzione delle malattie e nell’ottimizzare i trattamenti riducendo le diseguaglianze di sesso e genere nel campo della salute. Altri studi possono inoltre avere implicazioni importanti anche per le persone cisgender. Vale per esempio per lo studio sul tumore della mammella che, vale la pena ricordarlo, può inoltre svilupparsi sia nelle donne sia negli uomini (il tessuto mammario è presente in entrambi). Vale anche per le ricerche sul campo della salute riproduttiva. Infatti, vi sono condizioni patologiche caratterizzate da alterati livelli degli ormoni sessuali. Ne è un esempio la sindrome dell’ovaio policistico, che si stima interessi fino al 13% delle donne in età riproduttiva ed è caratterizzata da aumentati livelli di ormoni androgeni che possono causare irregolarità mestruali, infertilità e alterazioni metaboliche. I meccanismi studiati in alcuni di questi progetti, dunque, possono essere condivisi sia in alcune condizioni spontanee sia in caso di somministrazioni esogene di ormoni (come appunto quelle della terapia di affermazione di genere).

Ma anche se non fosse così, anche se gli studi citati fossero a solo beneficio delle persone transgender, il loro valore non sarebbe minore. Anche se sappiamo che le diseguaglianze sono ancora profonde e diffuse (per aree geografiche, contesti sociali, sesso e genere), la salute è un diritto fondamentale di ogni persona, non un privilegio di una parte della popolazione. E la ricerca deve poter progredire con rigore e senza distorsioni ideologiche, a beneficio dell’umanità nella sua diversità e complessità.

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