Milano, 24 Ottobre 2016 – Uno studio coordinato da Matteo Iannacone all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, una delle 18 strutture di eccellenza del Gruppo Ospedaliero San Donato, e pubblicato questa settimana su Science Immunology svela, per la prima volta, un meccanismo utilizzato da alcuni tipi di virus per mettere fuori gioco il sistema immunitario e permanere all’interno dell’organismo più a lungo. Questa strategia potrebbe spiegare la capacità che hanno alcuni virus come l’HIV, l’Epatite B e l’Epatite C di evadere la risposta del sistema immunitario. Per la scoperta, i ricercatori hanno usato una rivoluzionaria tecnica di microscopia in vivo (la microscopia intravitale), che ha consentito di osservare dall’interno e in tempo reale come si comportano le cellule del sistema immunitario in azione.
Quando un virus entra nell’organismo, i linfociti B, un tipo di globuli bianchi, si attivano e producono anticorpi specifici, delle proteine a forma di Y, che si attaccano alla superficie del virus, disattivandolo o segnalandolo ad altre cellule del sistema immunitario, che possono così riconoscere il corpo estraneo ed eliminarlo. Esistono tuttavia alcuni virus – come ad esempio il virus dell’epatite B, dell’epatite C e dell’HIV– che sono in grado di bloccare questo processo e riescono quindi a proliferare nell’organismo senza che il sistema immunitario sia in grado di fermarli. Il motivo per cui alcuni virus vengono eliminati
immediatamente dall’organismo e altri no è rimasto fino a oggi sconosciuto. Il nuovo lavoro su Science Immunology fornisce una prima spiegazione a livello molecolare di questi meccanismi.
“Siamo andati a osservare con la microscopia intravitale cosa accade nei linfonodi, dove normalmente i linfociti B si attivano per produrre gli anticorpi. L’obiettivo era capire cosa va storto nel funzionamento della risposta immunitaria”, spiega Matteo Iannacone, a capo dell’Unità di ricerca in Dinamica delle Risposte Immunitarie nella Divisione di Immunologia, Trapianti e Malattie Infettive del San Raffaele.
Grazie alla microscopia intravitale i ricercatori hanno visto che questi virus sono capaci di richiamare nei
linfonodi una popolazione particolare di cellule del sistema immunitario – i monociti infiammatori – e di scatenarle contro i linfociti B, uccidendoli: questo blocca la produzione di anticorpi, che a sua volta permette la proliferazione del virus.
“Una volta identificato il meccanismo che i virus sfruttano per persistere nell’ospite” dice Iannacone, “Abbiamo provato a intervenire direttamente sui monociti infiammatori che sembravano ostacolare la risposta immunitaria e abbiamo scoperto che eliminandoli, impedendone l’arrivo nei linfonodi o ancora disattivandone la funzione – si ripristina una corretta risposta immunitaria: i linfociti B riescono di nuovo a produrre anticorpi così da eliminare il virus”.
Per visualizzare le varie fasi della risposta immunitaria, Matteo Iannacone e colleghi hanno utilizzato il virus LCMV, un virus dei topi molto usato dai ricercatori per mimare alcuni tipi di infezioni virali nell’uomo, quelle causate dai cosiddetti virus non- citopatici, come il virus dell’HIV, dell’epatite C o dell’epatite B. Ecco perché il meccanismo messo in atto dal virus LCMV potrebbe essere lo stesso usato da questi virus per evitare di farsi eliminare dal sistema immunitario nelle prime fasi dell’infezione.
Lo studio potrebbe avere applicazioni anche nella progettazione dei vaccini, il cui obiettivo è appunto indurre la produzione degli anticorpi: capire come alcuni virus sono in grado di impedirla può aiutarci a disegnare vaccini migliori.
La microscopia intravitale
La simulazione dell’interazione tra fattori fisici, cellulari e biochimici che influenzano il comportamento delle cellule nei vasi, nei tessuti o negli organi è ancora fuori dalla portata dei più sofisticati metodi in vitro. La microscopia intravitale è una tecnica avveniristica che permette di visualizzare – in tempo reale
e con altissima risoluzione – il comportamento di singole cellule all’interno di organi e tessuti in vivo (cioè direttamente nell’organismo).
I finanziamenti
Lo studio è stato finanziato dallo European Research Council (ERC), da Fondazione Giovanni Armenise-Harvard, dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), della European Molecular Biology Organization e del Ministero della Salute. Matteo Iannacone è responsabile dell’Unità di Dinamica delle Risposte Immunitarie dell’Ospedale San Raffale. Il suo rientro da un lungo periodo di ricerca negli Stati Uniti e l’apertura del nuovo laboratorio al San Raffaele sono stati possibili grazie alla vittoria del Career Development Award della Fondazione Armenise-Harvard.
Fonte: Comunicato stampa Ospedale San Raffaele
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