Lo sviluppo di metodi alternativi all’utilizzo degli animali è un processo lungo e complesso, che richiede una rigorosa validazione scientifica. L’EURL ECVAM, laboratorio di riferimento dell’UE, svolge un ruolo cruciale nel garantire la rilevanza e l’affidabilità di questi approcci

Metodi alternativi: ne parliamo spesso, raccontando di recenti sviluppi, oppure i tipi d’impiego che alcuni di essi trovano nella ricerca (come gli organoidi per lo studio del cancro). Ma come vengono sviluppati? Soprattutto, chi e come verifica che i metodi alternativi siano validi, cioè che abbiano una rilevanza dal punto di vista regolatorio e che i loro risultati siano affidabili? C’è una differenza importante tra queste due domande: un gruppo di ricerca può infatti sviluppare un nuovo metodo alterativo, basato per esempio su culture in vitro oppure organoidi, e descriverne caratteristiche, vantaggi e limiti su una pubblicazione scientifica. Pur essendo risultati preziosi, questo non è però sufficiente a garantire che il metodo realizzato dia risposte affidabili e riproducibili, per cui non può essere automaticamente utilizzato nei test regolatori obbligatori, per legge, nel caso per esempio dello sviluppo di un farmaco.

Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato Milena Mennecozzi, ricercatrice all’EURL ECVAM del Joint Research Centre della Commissione Europea.

Cos’è l’EURL ECVAM e come funziona il processo di validazione

Lo European Union Reference Laboratory for alternatives to animal testing (EURL ECVAM) è il laboratorio di riferimento dell’Unione europea per la validazione dei metodi alternativi, ossia quelli che non richiedono l’uso di animali e permettono di ridurne l’impiego a fini scientifici. Parte integrante del Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea, il centro di ricerca dell’UE, l’EURL ECVAM è nato nel 2011, evolvendosi dall’ECVAM (fondato nel 1991), in seguito all’adozione della Direttiva 2010/63/EU sulla protezione degli animali usati a fini scientifici. Centri analoghi esistono anche, per esempio, negli Stati Uniti (NICEATM, National Toxicological Program Interagency Center for the Evaluation of Alternative Toxicological Methods) e in Giappone (JaCVAM, Japanese Center for the Validation of Alternative Methods).

Come lavora, però? In che modo, cioè, si può decidere che un metodo alternativo è affidabile e ha una rilevanza in ambito regolatorio?

«Il primo passaggio è lo sviluppo, da parte di un laboratorio accademico o aziendale, di un metodo che sia rilevante, ossia che abbia una pertinenza scientifica e regolatoria. Il metodo deve misurare parametri d’interesse (per esempio tossicità, irritazione, sensibilizzazione) e i risultati devono essere correlabili agli effetti biologici osservati in vivo (negli animali) o nella popolazione umana. Il secondo passaggio consiste nell’ottimizzazione del metodo e nella raccolta dei dati per dimostrarne l’affidabilità. Dev’essere cioè dimostrato che il metodo produce risultati consistenti e riproducibili», spiega Mennecozzi. «I test devono quindi sia essere eseguiti più e più volte all’interno del laboratorio stesso che ha sviluppato il metodo, sia trasferiti in laboratori esterni che non lo conoscono né l’hanno mai impiegato».

La valutazione della riproducibilità del metodo può essere effettuata anche da EU-NETVAL (European Union Network of Laboratories for the Validation of Alternative Methods) o dallo stesso EURL ECVAM, che ha un proprio laboratorio dedicato a questo scopo: «La nostra valutazione della tossicità dei composti chimici avviene “in cieco”: non sappiamo quali composti stiamo testando, ma seguiamo il metodo e le procedure indicate da chi ha sviluppato il metodo ed effettuiamo l’analisi dei dati», spiega Mennecozzi.

Dopo questa prima fase, chi ha sviluppato il metodo prepara un dossier che deve includere non solo le procedure standard per l’uso del nuovo metodo, ma anche tutti i dati ottenuti nel proprio e negli altri laboratori, compresa la lista dei composti chimici utilizzati, la loro struttura, i loro parametri chimico-fisici, ed eventuali limitazioni del metodo (anche di natura legale). Deve inoltre essere indicato se il nuovo metodo richiede l’uso di derivati animali, come il siero fetale bovino ampiamente utilizzato per le culture cellulari. A questo punto, le informazioni contenute nel dossier vengono analizzate da EURL ECVAM per verificare se rispondono a tutti i requisiti richiesti. In caso di parere positivo, il metodo alternativo è sottoposto all’esame di ESAC (EURL ECVAM Scientific Advisory Committee), un gruppo composto da esperti nel settore di ricerca del test, che effettua una peer-review del metodo, o revisione tra pari, analoga a quella utilizzata per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche.

«Dallo sviluppo del nuovo metodo alternativo alla validazione possono trascorrere diversi anni e l’intero processo fino all’accettazione nell’ambito regolatorio può richiedere fino a dieci anni», continua Mennecozzi. Un tempo lungo ma fondamentale per garantire che il metodo alternativo fornisca risultati riproducibili e comparabili a quelli ottenuti con i metodi tradizionali, riducendo il rischio di errori senza compromettere la sicurezza umana.

E una volta che il metodo è stato validato?

«Se l’ESAC esprime un’opinione positiva sul nuovo metodo alternativo, gli enti governativi e le agenzie regolatorie dei Paesi membri dell’Unione europea possono adottarlo per la valutazione della sicurezza di sostanze chimiche, cosmetici, farmaci, biocidi, pesticidi e altri prodotti. Un aspetto fondamentale del nostro lavoro è anche favorire e sostenere l’armonizzazione a livello internazionale del nuovo metodo alternativo», spiega Mennecozzi. A questo scopo, l’EURL ECVAM partecipa attivamente ai processi di approvazione dei nuovi metodi da parte dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD).

«Molti dei metodi validati che abbiamo seguito nel corso degli anni sono oggi inseriti nelle linee guida dell’OECD e rappresentano dunque un riferimento per tutti i 38 Stati membri (inclusi Nord America, Sud America, Asia e Europa)».

È vero che i metodi alternativi ci sono ma non vengono usati?

Una narrativa che spesso circonda la sperimentazione animale argomenta che oggi abbiamo molti metodi alternativi grazie ai quali potremmo evitare il ricorso ad altre specie. Certo, la letteratura scientifica (e quella mediatica divulgativa) sono ormai ricche di sistemi anche molto avanzati e complessi – di alcuni dei quali ha scritto anche Research4Life – ma possono davvero essere utilizzati di routine al posto degli animali?

«Dei tanti metodi sviluppati nei laboratori di tutta Europa, solo una piccola percentuale è stata sottoposta al processo di validazione descritto sopra e purtroppo nessuno dei metodi basati su sistemi all’avanguardia (organ-on-a-chip, organoidi, sistemi di imaging complessi) è stato ancora validato. Di fatto, i metodi basati su sistemi biologici complessi sono ancora in fase di sviluppo o di ottimizzazione», commenta Mennecozzi. «Questo rende l’uso degli animali ancora indispensabili in molti campi. Personalmente, comunque, ritengo che un limite attuale a un’efficace implementazione dei metodi alternativi sia dato dalle scarse risorse economiche. Il processo di validazione, infatti, non è solo dispendioso in termini di tempo, ma richiede anche un notevole impegno economico. Sebbene vi sono diversi fondi per lo sviluppo di metodi alternativi (sostenuti principalmente dalle aziende e dai governi nazionali ed europei), non ve ne sono altrettanti per la loro validazione».

Favorire l’implementazione dei metodi alternativi

C’è un altro, vasto gruppo di attività seguite da EURL ECVAM per favorire l’adozione dei metodi alternativi e dedicate alla formazione e alla divulgazione. Lo sviluppo di nuovi metodi richiede infatti una formazione continua di chi è chiamato a svilupparli e usarli, non solo dal punto di vista tecnico (per una piena comprensione del funzionamento, i limiti e le potenzialità di questi approcci) ma anche per favorirne l’adozione pratica che eviti il rischio di errori nella loro applicazione. «Per questa ragione organizziamo attività di formazione su diversi livelli: per esempio, organizziamo ogni due anni una summer school presso la nostra sede di Ispra (VA), rivolta ai dottorandi e giovani professionisti di tutto il mondo per affrontare diversi temi legati alle 3R, per formarli sui metodi alternativi, sulle loro prospettive e limiti. Abbiamo anche dato il via, più di recente, all’Ambassador Project, un’iniziativa mirata a formare studenti universitari affinché possano diventare “portavoce delle 3R” nelle diverse università europee. Inoltre, una parte significativa delle nostre attività di formazione sono dedicate al processo di validazione dei nuovi metodi alternativi, con l’obiettivo di favorirne lo sviluppo e l’adozione».

Alcune delle attività di disseminazione e divulgazione riguardano inoltre la revisione della letteratura scientifica o l’analisi di alcuni contesti. Per esempio, uno studio pubblicato la scorsa estate, al quale ha contribuito anche Mennecozzi, ha evidenziato come la ricerca finanziata dall’UE su Alzheimer, tumore al seno e tumore alla prostata abbia spesso privilegiato l’uso di modelli animali, soprattutto per lo sviluppo di farmaci, mentre i metodi non animali sono stati maggiormente impiegati in ambiti come diagnosi, prevenzione e strumenti tecnologici avanzati, sottolineando la necessità di riconsiderare le strategie metodologiche nei futuri programmi di ricerca.

EURL ECVAM promuove anche progetti di divulgazione rivolti alle scuole superiori e, di recente, ha realizzato un manuale europeo per gli operatori degli stabulari per contribuire alla formazione di nuovo personale sulla corretta gestione degli animali.

«In linea generale, ho sempre prestato molta attenzione sul tema dei metodi alternativi: ricercatori di tutto il mondo stanno sviluppando nuovi metodi con tecnologie all’avanguardia e sarà estremamente interessante capire dove e come potranno essere applicati», conclude Mennecozzi. «Ma per incentivare davvero i metodi alternativi è necessario un approccio integrato: non basta sviluppare metodi all’avanguardia, occorre investire nella loro validazione, nella formazione continua di chi li utilizza e nella creazione di un ecosistema normativo che favorisca la loro adozione. In questo processo, centri come l’EURL ECVAM non si limitano a occuparsi della validazione di nuovi metodi, ma rappresentano punti di riferimento fondamentali per promuovere e sostenere questi passaggi».

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