Modificare il microambiente tumorale per rendere il cancro più sensibile all’immunoterapia: è una nuova, possibile strada per contrastare uno dei tumori più difficili da sconfiggere
Ormai da alcuni anni l’immunoterapia è considerata una delle strategie di cura più promettenti in oncologia, anche se con importanti eccezioni. Tra queste c’è il tumore del pancreas, “un emblema della resistenza all’immunoterapia”. A definirlo così è Giampaolo Tortora, oncologo del Policlinico Universitario Gemelli di Roma, a capo di un gruppo di ricerca che sembra aver identificato una nuova possibile strada per vincere questa resistenza. I risultati dello studio, ottenuti grazie al sostegno fondamentale di Fondazione AIRC, sono stati pubblicati sul Journal for ImmunoTherapy of Cancer. «A rendere inefficace l’immunoterapia contro il tumore del pancreas è il microambiente nel quale il tumore è immerso, fortemente ostile alle cellule immunitarie che potrebbero attaccare il tumore stesso», spiega Tortora. Da qui l’idea di agire proprio sul microambiente per renderlo meno impervio all’azione di queste cellule.
Tortora e colleghi si sono concentrati su una molecola chiamata IMO-2125, o tilsotolimod, capace di regolare il sistema immunitario. Già alcuni anni fa i ricercatori avevano mostrato un’azione antitumorale di questo composto. «Abbiamo lavorato con topolini con tumori del pancreas, nei quali è stato possibile approssimare una ricostruzione della malattia umana. Gli esperimenti negli animali sono un passaggio del quale non si può fare a meno, se si vuole valutare l’effetto di un potenziale farmaco sulle relazioni tra tumore, microambiente e sistema immunitario. Non esistono infatti sistemi alternativi, in grado di riprodurre la complessità di queste alterazioni” afferma il professore. “Certo, si tratta pur sempre di un’approssimazione, sulla quale abbiamo tuttavia lavorato affinché fosse più vicina possibile all’originale».
In primo luogo i ricercatori hanno distinto i tumori degli animali in base alla loro capacità di generare una risposta immunitaria: alcuni sono stati classificati come più immunogenici, altri come meno immunogenici. In seguito hanno trattato gli animali con IMO-2125. «Nei topi con i tumori più immunogenici è bastata questa molecola a inibire la crescita del cancro, grazie al reclutamento nel tumore stesso di cellule immunitarie in grado di uccidere quelle tumorali, come le cellule dendritiche o i linfociti T», racconta Tortora. «Nei topi con i tumori meno immunogenici, l’IMO-2125 non è stato sufficiente a sconfiggere il tumore, ma ha dato ottimi risultati antitumorali in combinazione con un farmaco ampiamente utilizzato in immunoterapia, a sua volta inefficace nel cancro del pancreas quando usato da solo. Il trattamento, inoltre, ha inibito sia le cellule tumorali nell’area immediata cui è stato iniettato, sia altre cellule tumorali maggiormente distanti. Ciò è particolarmente rilevante».
Significa che il microambiente è stato modificato fino a rendere il tumore sensibile all’immunoterapia. Per quanto positivi, questi risultati dovranno essere confermati con i pazienti: la speranza è che possa partire presto uno studio clinico. «Se ci arriveremo, sarà proprio grazie ai risultati ottenuti con gli animali” sottolinea Tortora. “Un mancato rinnovo della moratoria che ha mitigato alcune delle misure restrittive inserite dal nostro Parlamento nel recepimento della direttiva europea sulla sperimentazione animale sarebbe disastroso. Limiterebbe ulteriormente la capacità di ricerca del nostro Paese. E meno ricerca significa meno opportunità di trovare terapie per i pazienti».
Crediti immagine di copertina: Wikimedia Commons. Licenza: CC BY-SA 3.0