L’utilizzo di animali a più basso sviluppo cognitivo e in particolare gli invertebrati è una delle risposte della ricerca biomedica alle problematiche etiche sollevate dalla sperimentazione animale su specie considerate “senzienti”. “Modelli emergenti nella sperimentazione animale, prospettive e alternative” è stato quindi il tema del webinar organizzato oggi dall’Unione Zoologi Italiani e da Research4Life, in cui è stato illustrato l’utilizzo di vermi (c. elegans), moscerini, zanzare, mitili, sanguisughe e altri.
L’uso di queste specie “non convenzionali” è interessante in particolare nella ricerca biomedica di base, ma anche in alcuni ambiti della ricerca applicata e traslazionale, come in genetica e negli studi sulle malattie rare. È stato stimato che l’impiego di questi nuovi modelli potrebbe ridurre in breve tempo l’utilizzo di specie vertebrate di circa il 10% e probabilmente sempre di più in futuro.
È anche una delle prescrizioni introdotte dalla normativa europea sul benessere animale, la legge 63 del 2010, che prevede la sostituzione (parziale o totale) in tutte le ricerche in cui questo sia possibile; l’utilizzo di questi modelli emergenti rappresenta appunto la forma più interessante di sostituzione parziale.
“Oltre che dalla legge l’uso di specie a minore sviluppo cognitivo ci è imposto dal principio etico delle 3R – ha spiegato Giuliano Grignaschi di Research4Life – che chiedono ai ricercatori di sostituire, ridurre e migliorare la sperimentazione animale (Replace, Reduce, Refine). Siamo quindi nel campo della sostituzione parziale, visto che si punta su specie a più bassa capacità di provare sofferenza.”
L’uso di queste specie in ricerca si sta affermando da diversi anni, tanto che già nel 2003 il C. elegans è diventato famoso per essere stato l’unico sopravvissuto nel disastro dello Space Shuttle Columbia (esploso durante il rientro sulla terra dopo una missione di circa due anni) e più recentemente è stato “compagno di viaggio” della nostra astronauta Samantha Cristoforetti, per alcuni esperimenti.
Grignaschi è anche il responsabile del benessere animale presso l’Università di Milano, una figura introdotta proprio dalla normativa europea, e che opera nell’ambito del OPBA. Si tratta dell’Organismo Preposto al Benessere Animale, che comprende anche un veterinario ed almeno un membro scientifico, chiamato tra le altre cose ad esprimere pareri motivati sui progetti di ricerca e anche a suggerire la sostituzione di una o più procedure con metodi alternativi, quali vengono considerati gli usi di queste specie, non ricomprese tra gli animali tutelati dalla normativa. Specie tutelate sono invece i cefalopodi ed in particolare i polpi. “Sono degli invertebrati di grandi capacità cognitive – ha spiegato Anna di Cosmo dell’Università Federico II di Napoli – tanto che hanno ben sei volte più delle cellule nervose di un topo (l’animale più utilizzato in sperimentazione) e 350 milioni di neuroni nei tentacoli, che rappresentano il loro sistema nervoso periferico”.
Il dialogo tra filosofia e scienza è stato affidato a Simone Pollo, dell’Università la Sapienza di Roma. “Ricordo che l’attenzione morale agli animali non umani la si deve proprio alla filosofia – ha affermato il prof. Pollo – ma sottolineo anche che la sperimentazione sugli animali è una necessità etica, perché se non si potesse più fare ricerca su di essi l’alternativa sarebbe la sperimentazione diretta sull’essere umano”.