Research4Life continua la sua panoramica sui dati UE riguardanti l’impiego di animali in base a quanto emerge dal report da poco rilasciato. Dedichiamo questo approfondimento alle principali categorie d’impiego: non diversamente dallo scorso anno, la ricerca (di base e applicata/traslazionale) si conferma come la categoria che, ancora, ha maggior necessità di modelli animali
È recentemente uscito il nuovo report UE dedicato agli animali usati a scopi scientifici, i cui dati sono riferiti al 2020. Abbiamo già iniziato la nostra panoramica sugli elementi principali che mergono dal documento, concentrandoci sul numero e le specie impiegate, e sulla loro provenienza; andiamo ora a vedere quali sono le principali categorie d’impiego.
Ricordiamo, infatti, che gli “scopi scientifici” per i quali sono richiesti i modelli animali sono diversi – e diversi tra loro, anche perché ciascuno può prevedere procedure più o meno gravi e invasive, aspetto che il report non manca di evidenziare nella sezione dedicata alle categorie d’impiego. Ricordiamo anche che questo è il primo anno per il quale la Gran Bretagna è esclusa dall’analisi, per cui, per facilitare il confronto, la Commissione europea ha escluso i dati britannici anche dagli anni passati. Ricordiamo, infine, che dalle categorie d’impiego sono escluse anche creazione e mantenimento di linee geneticamente modificate, valutate a parte (e alle quali dedicheremo un approfondimento specifico).
Categorie d’impiego e specie, la panoramica generale
Il totale degli animali impiegato negli Stati membri e in Norvegia nel 2020 è di 8,05 milioni, un calo di circa l’8% rispetto al 2019. Come negli anni passati, per quanto riguarda le principali categorie d’impiego, la maggior parte degli animali è stata usata a scopo di ricerca, di base e applicata/traslazionale; a seguire, il 18% circa è stato impiegato a scopo regolatorio e una percentuale ancora inferiore è stata necessaria per la “produzione di routine”, ossia la produzione, per esempio, di anticorpi e derivati del sangue.
Per quanto riguarda le specie impiegate, anche qui non diversamente dagli anni passati, si tratta per la maggior parte (63%) di topi, seguiti da pesci (16%), zebrafish e ratti (entrambi 6%) nel caso della ricerca di base; percentuali simili si registrano per la ricerca applicata e traslazionale. Nel caso degli scopi regolatori, invece, il documento riporta che i topi rappresentano una percentuale leggermente minore (42%), mentre i ratti salgono al 22%, seguiti dal bestiame (11%), dalle cavie (7%), pesci (6%) e conigli (5%).
Si distingue più nettamente la categoria d’impiego della produzione di routine, che conta soprattutto sui conigli (60%).
I primati non umani, da sempre guardati con particolare attenzione (ne abbiamo parlato anche qui), oltre la metà (59%) è necessaria per scopi regolatori, e in particolare per rispondere alle richieste regolatorie dei prodotti medicinali a uso umano.
La ricerca di base e applicata/traslazionale
Come anticipato, la ricerca è la categoria d’impiego che ancora ha maggior bisogno di modelli animali: come abbiamo più volte scritto, infatti, lo sviluppo di modelli e metodologie “alternativi” sono ancora insufficienti a rappresentare, in modo completo e realistico, quanto avviene in un organismo e sono pertanto da considerarsi complementari, più che alternativi. In altre parole, pur consentendoci di ridurre e rifinire l’impiego degli animali, in perfetto accordo col principio delle 3R, non permettono di eliminarli completamente.
Da quanto emerge dal report UE, vi sono stati 3,29 milioni di usi (usi, si noti bene, non singoli animali) a scopo di ricerca di base nel 2020. In particolare, gli ambiti principali sono stati lo studio del sistema nervoso, dell’etologia e del comportamento e gli studi di immunologia e biologia, che insieme rappresentano oltre la metà degli impieghi.
Per quanto riguarda la ricerca applicata e traslazionale, gli usi sono stati 2,5 milioni, principalmente dedicati allo studio del benessere animale (che segna un netto aumento, del +235%, rispetto al 2019), disordini e malattie animali, e disordini nervosi, mentali e infettivi umani.
Impieghi a scopo regolatorio e produzione di routine
Rientrano in questa categoria tutti gli usi di animali finalizzati a soddisfare la legislazione e la regolamentazione UE per la produzione e il mantenimento di sostanze sul mercato, compresa la valutazione di sicurezza e rischio per alimenti a uso umano e mangimi. In questo contesto, gli usi nel 2020 sono stati 1,4 milioni, con un calo del -5% rispetto al 2019; poco più della metà (54%) rientrano nel controllo qualità, che comprende per esempio il controllo di purezza, efficacia eccetera di prodotti quali i vaccini, mentre il 40% riguarda il controllo di sicurezza e tossicità.
Vale la pena evidenziare che nel controllo qualità rientra anche il batch potency testing, ossia i test di funzionalità degli ingredienti attivi di un campione. Questa categoria rappresenta quella che, in assoluto, richiede di più le procedure classificate come severe: sono il 17% di tutte le procedure severe in UE.
Per quanto riguarda la produzione di routine di anticorpi e altri derivati del sangue, gli usi nel 2020 sono stati 407.000 (il 5% di tutti gli impieghi di animali in UE). Parte di essi riguarda la produzione di anticorpi monoclonali, un tipo di molecole ampiamente usate in ambito diagnostico e terapeutico (sono alla base, per esempio, dei test di gravidanza e di quelli per COVID-19), nonché in ricerca. Purtroppo, il 10% degli anticorpi monoclonali sono prodotti con una procedura detta metodo delle ascite: come abbiamo già riportato lo scorso anno, si tratta di una procedura invasiva e dolorosa, perché prevede, in breve, l’introduzione e poi il prelievo degli anticorpi dalla cavità peritoneale dell’animale, e che dunque la comunità scientifica sta da anni cercando di sostituire. Il report evidenzia che l’impiego di questa tecnica è diminuito del 35% tra il 2018 e il 2019, ma purtroppo i dati del 2020 ne indicano di nuovo un aumento (+12%).
Altre categorie d’impiego
Le ultime quattro categorie d’impiego in UE sono quelle indicate come Protezione dell’ambiente naturale per il benessere degli umani e degli altri animali, Alta formazione e training per l’acquisizione, il mantenimento e il miglioramento delle abilità professionali, Conservazione delle specie e Indagini forensi. Insieme, queste categorie hanno richiesto circa 440.000 usi di animali nel 2020, ricadenti principalmente nella Protezione dell’ambiente (aumentati del +10% rispetto al 2019).