Matteo Liguori, Ceo IRBM “Stiamo creando il vaccino che non esiste con un partner di alto livello, il solo modo per superare la crisi rapidamente”
Research4Life ha intervistato Matteo Liguori, amministratore delegato di IRBM, l’azienda di Pomezia protagonista dello sviluppo del vaccino contro Covid-19, insieme all’inglese Jenner Institute.
Nelle risposte che seguono tante notizie interessanti, dalla sperimentazione animale compiuta in Inghilterra fino alla somministrazione all’uomo, che sarà destinata inizialmente ai soggetti più esposti, come il personale sanitario. “La ricerca è un elemento essenziale per lo sviluppo del sistema Paese.”
Avvocato Liguori, i quotidiani di questi giorni parlano del vaccino che, prodotto a Pomezia, sarà presto sperimentato sull’uomo. Ma come avete fatto ad andare così veloce?
In IRBM abbiamo una lunga storia nello sviluppo di soluzioni innovative per supportare il benessere della salute umana. In particolare nella nostra società per lo sviluppo di vaccini, Advent SrL, negli anni abbiamo partecipato a molteplici sfide, tra cui lo sviluppo di un vaccino contro l’epidemia di Ebola. In questa fase le competenze dei nostri ricercatori si sono unite alle enormi competenze dello Jenner Institute di Oxford, con cui collaboriamo da circa dieci anni, che è il punto di riferimento a livello mondiale per la scoperta di nuovi vaccini. Tutto questo, unito all’emergenza mondiale che stiamo vivendo, ha permesso di accelerare il progetto nei termini che stiamo vedendo.
Dove e come si è compiuta la fase in laboratorio e quella relativa alla sperimentazione animale, obbligatoria prima di arrivare ai volontari sani?
Nei laboratori Advent abbiamo integrato il codice genetico della proteina Spike del Covid-19 come replicato nei laboratori di Oxford all’interno di una piattaforma adenovirale che verrà adottata come un vettore. L’adenovirus diviene quindi il sistema con cui la proteina Spike, quella che permette al coronavirus di attaccare e infettare l’uomo, viene trasportata all’interno dell’organismo umano in modo da attivare il sistema immunitario, che cosi sviluppa anticorpi funzionali a difendersi da un futuro contagio con il coronavirus.
Nello sviluppo sono stati seguiti tutti i passaggi previsti dagli enti regolatori preposti, in questo caso quelli inglesi, senza cercare scorciatoie ma lavorando in parallelo sui processi, anche giorno, notte e week end inclusi.
A fine aprile si parte con il vaccino destinato a 550 volontari sani, ma in Inghilterra. Perché questa fase non viene effettuata in Italia?
Non bisogna pensare alla sfida contro il coronavirus in termini nazionalistici, ma piuttosto pensare che nell’interesse comune è necessario trovare un vaccino nel più breve tempo possibile.
In questo caso il team di Oxford, che seguirà direttamente la fase clinica, ha raggiunto accordi con gli enti regolatori inglesi per svolgere una fase sperimentale clinica accelerata in ragione del diffondersi dell’epidemia. Lo studio durerà diversi mesi per verificare in primis che il vaccino sia sicuro ed in parallelo la sua efficacia, quindi la sua capacità di attivare il sistema immunitario contro il coronavirus.
Questo importante lavoro viene svolto insieme allo Jenner Institute dell’Università di Oxford. Siete un’azienda italiana di valore riconosciuto. Perché lo sviluppo del vaccino non poteva essere compiuto interamente con le “nostre” forze? Mancano competenze? Problemi burocratici?
La nostra collaborazione con Oxford dura da ormai dieci anni su diversi progetti. Si tratta di uno dei centri mondiali più avanzati nello sviluppo di vaccini e dobbiamo essere orgogliosi di questa collaborazione.
Ripeto, è una sfida che va combattuta a dimensione globale senza pensare che tutti possano fare tutto. Stiamo creando una cosa che non esiste e farlo in un partenariato di altissimo livello è il solo modo di superare la crisi in tempi rapidi. Inoltre lo Jenner Institute stava già lavorando su un vaccino contro un altro coronavirus responsabile della sindrome respiratoria mediorientale (MERS), che ha mostrato di poter indurre potenti risposte immunitarie sin dal primo studio clinico. Pertanto per il vaccino contro il Covid-19 si è partiti da quanto già imparato in quella esperienza. Advent ha elaborato un programma di sviluppo e massimizzazione del processo produttivo, che ci sta permettendo di rilasciare il vaccino per la successiva fase sperimentale in tempi estremamente rapidi.
Prevedete di produrre entro settembre altre dosi per un uso compassionevole. Cosa significa, a chi saranno destinate?
Terminata la prima fase di sperimentazione clinica i protocolli prevedono che vi siano altre due fasi sperimentali su campioni di volontari, progressivamente più ampi. Considerata l’emergenza che stiamo vivendo, unitamente ai dati altamente positivi che stiamo raccogliendo, possiamo aspettarci nella prossima fase che inizierà a settembre, gli enti regolatori definiscano ed approvino un piano sperimentale che coinvolga anche i soggetti più esposti come il personale sanitario, che in questo momento sta affrontando una sfida epocale.
Quali tempi prevede per una produzione di massa? E soprattutto come ottenerla, viste le ingenti risorse economiche che saranno necessarie. Si parla di decine di milioni di euro…
La somministrazione di massa sarà estremamente complessa tenuto conto che il virus si è diffuso in tutto il mondo e nello stesso periodo. Questo comporta che il primo scoglio sarà avere una crescita molto importante della capacità produttiva. Viste le competenze in gioco dobbiamo esser ottimisti che questo vaccino arriverà in tempi rapidi. La professoressa Sarah Gilbert dello Jenner Institute, luminare del settore, ha dichiarato al Times che questo progetto ha una possibilità di raggiungere la grande platea di persone pari a 80% delle probabilità. Le economie di mezzo mondo stanno vivendo una delle peggiori crisi che la storia ricorderà. Pertanto nello sviluppo di un vaccino, a livello economico, bisogna assumersi qualche rischio in più dovendo bilanciare il costo con il beneficio.
Un pensiero finale sulle difficoltà e la frustrazione, ma anche sulla bellezza e sulle opportunità di fare ricerca in Italia…
Come italiani abbiamo dimostrato ancora una volta di poter essere in prima linea nelle sfide importanti. Ma questo non è avvenuto per caso. Tra le ragioni per cui siamo parte di questo progetto metto: grande esperienza, profonde specializzazioni scientifiche, capacità e anche predisposizione a fare dei sacrifici.
Le difficoltà sono all’ordine del giorno ma non c’è frustrazione, quanto piuttosto la determinazione di volerle superare. Da tutto il mondo collaborano con IRBM per avanzare progetti di ricerca di importanti gruppi e di grandi farmaceutiche. Collaboriamo con le principali realtà di ricerca nazionali tra cui CNR ed ISS. Abbiamo un team che viene da diverse nazioni e diversi continenti. Guardiamo al mondo ma con delle forti radici in Italia. Siamo consapevoli che la ricerca è un elemento essenziale per lo sviluppo del sistema Paese e noi, ogni giorno, ci spingiamo al massimo per fare la nostra parte.