Facendo seguito agli approfondimenti dedicati al report EU sull’impiego degli animali a scopi scientifici, riportiamo alcune delle informazioni che ne emergono riguardo all’uso degli animali per la generazione di linee geneticamente modificate
Il recente articolo che abbiamo dedicato all’operazione di xenotrapianto di un rene di maiale chiama direttamente in causa le “linee” di animali geneticamente modificate. In quel caso, in particolare, si trattava di maiali in cui, con la tecnica di CRISPR-Cas9, erano stati eliminati i geni che potevano essere responsabili di rigetto dell’organo.
Cogliamo l’occasione per dare un’occhiata ai dati disponibili sulle linee geneticamente alterate di animali impiegati a scopi scientifici in Unione europea, secondo i dati riportati dal rapporto pubblicato a luglio (e cui abbiamo già dedicato alcuni approfondimenti: qui, qui e qui).
Iniziamo però dal chiarire cosa è una “linea di animali geneticamente modificati”. Si tratta di un termine che ha a che fare con la genetica e che indica individui che presentano lo stesso genoma in cui è stata apportata una modifica rispetto a quello naturale. Queste modifiche vengo apportate in laboratorio per riprodurre una patologia genetica (dovuta, cioè, per esempio a un gene alterato che non funziona correttamente) o per studiare l’effetto indotto dalla rimozione di un gene o dalla sua iper-attivazione.
I dati sulle linee geneticamente modificate
I dati – che, lo ricordiamo, sono riferiti al 2018 – indicano una diminuzione del 10% rispetto al 2017 degli individui impiegati in questo campo. Gli animali (per la stragrande maggioranza, il 75%, rappresentati da topi, seguiti dai pesci e via via calando di percentuale da altre specie) sono impiegati soprattutto nella ricerca di base.
Il report europeo distingue tra linee geneticamente modificate con “fenotipo sofferente”, ossia nelle quali l’alterazione genetica che viene indotta determina lo sviluppo o l’aumento di suscettibilità allo sviluppo di una patologia (per esempio il cancro) oppure che richiedono un ambiente biologicamente sicuro (per esempio perché rese più suscettibili alle infezioni) e linee con fenotipo non sofferente”. Le linee con fenotipo sofferente rappresentano, nel 2018, il 16% del totale (e il 4% del totale di tutti gli animali impiegati a scopi scientifici).
Lo scopo d’impiego è principalmente da riferire alla ricerca di base (74%), seguita da quella applicata (22%). Nella tabella sottostante sono riportate anche le percentuali in proporzione al totale degli scopi d’impiego, distinguendo tra linee con fenotipo sofferente e innocuo.
Creazione di nuove linee geneticamente modificate
Il report distingue anche tra gli animali impiegati per la creazione di nuove linee geneticamente modificate e quelli impiegati per il loro mantenimento. Nella prima categoria ricadono anche gli animali non modificati per la generazione di progenie che porta la mutazione, che sono il 20%.
Lo scopo d’impiego delle nuove linee geneticamente modificate è interamente a carico della ricerca, soprattutto quella di base (92%) e in prevalenza multisistemica. La ricerca applicata è invece rappresentata prevalentemente dagli studi per l’endocrinologia e i disordini metabolici umani.
Infine, andando a guardare la gravità d’impiego tra le procedure usate sugli animali usati per la creazione di nuove linee geneticamente modificate, si osserva che la maggioranza è classificata come moderata.
Mantenimento di colonie geneticamente modificate
Tra gli animali impiegati a scopo di mantenimento di linee geneticamente modificate (un totale di 933. 328 nel 2018), la maggior parte (85%) non aveva fenotipo sofferente, il 12% un fenotipo innocuo e il 3% non aveva modificazioni genetiche (quindi erano per esempio individui usati per la riproduzione degli animali che portavano la mutazione).
Anche in questo caso, le procedure sono prevalentemente classificate come lievi. Il report sottolinea come, poiché la stragrande maggioranza di questi animali presenta fenotipo non sofferente, il livello di sofferenza lieve attribuito a questi animali è dovuto solo alle procedure necessarie per riconoscere la presenza del gene modificato (genotipizzazione) che richiedono prelievi di tessuti (sangue etc).