Parlare di sperimentazione animale non è semplice: è un tema che chiama in causa le logiche e le dinamiche della ricerca scientifica, che sono complesse e spesso richiedono conoscenze pregresse; un tema che tocca la sensibilità di chiunque abbia a cuore il benessere animale e umano. È anche un tema che può essere molto polarizzante, cioè capace di creare “schieramenti” di opinione che possono basarsi su mere ideologie, più che su «sentimento o ragione», come scrivono Giuliano Grignaschi e Roberto Sitia nel loro recente saggio dedicato proprio alla sperimentazione animale.
È proprio per queste ragioni che, come Research4Life, siamo convinti dell’importanza della comunicazione sulla sperimentazione animale; comunicazione che cerchiamo di rendere chiara, diretta e trasparente. Ed è in quest’ottica che, per la nostra rubrica La parola a, oggi abbiamo parlato con chi ha portato e sta portando avanti un interessante progetto di comunicazione che passa interamente sui social media: intervistiamo Giulia Lupi che, fin dal 2015, cura la pagina Facebook Scienziati, filosofi e altri animali, nata con un focus preciso proprio sulla sperimentazione animale e oggi dedicata a molti altri aspetti riguardanti il loro (e il nostro) benessere.
Quando è nata la pagina Scienziati, filosofi e altri animali?
La pagina è nata nel 2015, quando la discussione tra “pro scienza” e “animalisti” era fortemente polarizzata eppure quasi mai costruita su basi solide: tra chi si schierava a favore della scienza e della sperimentazione animale solo di rado si trovavano persone che effettivamente facessero ricerca e sapessero di cosa stavano parlando, e il fronte degli animalisti era nelle stesse condizioni, quasi nessun appartenente era informato, né sulla ricerca né sull’animalismo stesso.
In questo contesto di estremismo e mancanza di basi per fare affermazioni da un lato e dall’altro, ho deciso, con un gruppo di amici, di aprire quella che poi sarebbe diventata la pagina Scienziati, filosofi e altri animali, che raccoglieva da un lato i contributi di persone che scrivevano di quello che effettivamente era il loro lavoro – persone, cioè, che potessero spiegare e argomentare ciò che facevano e le motivazioni per cui lo facevano, e dall’altro animalisti disposti ad informarsi e ad ascoltare le ragioni degli altri.
Qual era l’obiettivo della pagina?
L’obiettivo di partenza era creare un punto di dialogo, incontro e discussione civile dove animalisti (intendendo con il termine “animalismo” la sua corrente utilitarista, che considera il bene ottenuto per tutti rispetto alla sofferenza inferta, a prescindere dalla specie) e pro-scienza si potessero trovare per discutere. E, in effetti, molte delle persone arrivate sulla pagina ora riescono, magari con qualche riserva, ad accettare le ragioni della ricerca scientifica, e molti pro-scienza hanno cominciato a considerare le implicazioni etiche insite nell’uso di esseri senzienti, che va oltre il considerarli come meri strumenti.
Nel tempo, comunque, gli argomenti trattati dalla pagina si sono allargati arrivando a includere ecologia, etologia, veterinaria..: campi tra loro distinti ma che hanno sempre come filo conduttore gli animali non umani e il loro benessere, anche in senso lato (per esempio, la tutela dell’ambiente è anche tutela delle specie che lo abitano). Molti post hanno infatti un indirizzo filosofico-etico. E così è diventata una pagina di divulgazione che segue anche alcuni temi di cronaca (per esempio per quanto riguarda gli orsi in Trentino). Né evitiamo di trattare gli aspetti negativi e i limiti della ricerca, come per esempio il crescente problema delle ritrattazioni degli articoli scientifici. La pagina comunque è dichiaratamente animalista.
Parlare di sperimentazione animale non è mai semplice, tanto più su un “campo di battaglia” come spesso sono i social media. Tu però dici che qualche risultato – inteso quantomeno come discussione nel quale una parte è in grado di ascoltare l’altra, fino ad arrivare a comprenderne le ragioni – c’è stato. Quali diresti siano gli ingredienti fondamentali? Cioè, quali sono le considerazioni più importanti da fare per parlare di sperimentazione animale davvero a tutti?
Mettersi nei panni degli altri, capire le loro ragioni; e in questo degli animalisti sono certamente i più adatti. Secondariamente capire che non ci si può aspettare che una persona che rispetta gli animali, che non conosce né ha mai avuto modo di avvicinarsi al mondo scientifico e per di più ha spesso ricevuto informazioni sbagliate e/o è stata soggetta ad atteggiamenti ostili, cambi le proprie opinioni da un momento all’altro solo perché le si “spiegano le cose gentilmente”. Sono pur sempre cose difficili da accettare, serve tempo per digerire i bocconi amari: “l’uso di animali è inutile” è molto più dolce e facile da credere.
Bisogna poi considerare che la pagina era, nei primi anni, davvero un campo di battaglia, con discussioni anche molto accese. Il mio approccio è quello di mantenere sempre toni civili da parte di tutti – pena il ban – e così pian piano i più estremisti hanno iniziato a evitare la pagina, semplicemente perché, in breve, non dava loro soddisfazioni.
Seguendo questa linea, la pagina ha oggi un pubblico in grado di dialogare, nel quale anche persone con idee radicalmente opposte riescono ad accettare le opinioni e le ragioni differenti dalle proprie.
Però tutto questo ha richiesto e richiede tutt’ora un lavoro, anche molto impegnativo, in termini di moderazione dei commenti dei vari post.
A questo proposito: la gestione di una pagina di questo tipo è impegnativa? Hai delle collaborazioni?
Purtroppo sì, è molto impegnativa e non nego che potrei non riuscire a gestirla ancora a lungo. Innanzitutto, bisogna considerare che il pubblico è limitato per gli standard di Facebook (si parla di poco più di 20.000 follower) perché chi è disposto a leggere cose diverse da quelle che gli piace sentirsi dire, in un senso e nell’altro, è abbastanza raro; ed essendo la pagina piccola, l’algoritmo non favorisce la diffusione dei post. All’inizio potevo contare su diversi collaboratori che però, nel tempo, hanno pian piano lasciato, per diverse ragioni. Oggi siamo in sei a contribuire, e anche con pochi post a testa l’impegno rimane abbastanza elevato, perché puntiamo molto sull’affidabilità delle informazioni – il che implica, perlomeno, una seria ricerca bibliografica. E il lavoro è del tutto gratuito: solo da pochi mesi, per cercare di sostenere il lavoro, ho attivato la possibilità di contributi liberi da parte degli utenti, che potrebbero essere un supporto all’attività.
A fronte della tua esperienza, ci sono dei consigli che daresti a chi fa ricerca per parlare in modo efficace di sperimentazione animale?
Come dicevamo prima, il punto fondamentale è comprendere il punto di vista altrui, poi saper motivare le proprie affermazioni. Purtroppo, spesso i ricercatori sono abituati a confrontarsi solo con il mondo scientifico, e questo non li aiuta a capire le ragioni di chi si schiera contro la sperimentazione animale, spesso in completa buona fede. Per esempio, perché non ricordare mai che, se è vero che gran parte della ricerca sui modelli animali è di base o è finalizzata allo studio di malattie umane, comunque i risultati sono utili a tutti? Quanti animali non umani hanno tratto e trarranno beneficio dalla ricerca? Se per esempio si testano i farmaci su di loro, poi servono anche a loro, basti pensare agli ambulatori veterinari nei quali si fa uso delle stesse molecole che si sono messe a punto per noi o ai centri di recupero della fauna selvatica. La ricerca serve a tutti.