È ripreso in Commissione Giustizia alla Camera l’esame della proposta di legge in materia di reati contro gli animali, che solleva diversi temi importanti per quanto riguarda il loro benessere. Non sembra però giustificabile l’istituzione di un contributo economico, a supporto degli animali confiscati e sequestrati, che penalizza maggiormente gli allevatori e gli importatori di animali allevati per la sperimentazione in ambito medico
La proposta di legge a prima firma dell’onorevole Michela Brambilla richiama l’attenzione su un tema, quello dei reati contro gli animali, sul quale è legittima e pienamente condivisibile ogni attenzione. Quale che sia il contesto nel quale ci troviamo a interagire con altre specie – dall’incontro con un animale selvatico in natura agli animali d’affezione che vivono con noi – il rispetto e la tutela nei loro confronti non dovrebbero mai venir meno.
La proposta di legge ha il merito di tenere in considerazione un vasto numero di possibili reati contro gli animali, fra i quali il maltrattamento. Vi è però un aspetto sul quale Research4Life – che rappresenta le principali realtà italiane nel campo della sperimentazione animale per scopi medici e veterinari – esprime una forte perplessità: l’articolo 12, infatti, propone l’istituzione di un contributo economico da destinare ai centri per la detenzione e il mantenimento di animali sequestrati e confiscati, a carico di chi alleva animali per la macellazione, per la riproduzione, per il consumo domestico privato, per la vendita diretta o mediata di animali vivi nonché per la fornitura alla sperimentazione. In allegato alla proposta di legge sono riportati gli importi del contributo, in base alla specie considerata e con una distinzione specifica per gli animali impiegati nella sperimentazione.
«Garantire il sostegno economico per i centri che curano gli animali sequestrati o confiscati è fondamentale per permettere loro di svolgere al meglio le attività. Ma la richiesta di un contributo preventivo da parte degli allevatori non ci pare giusto: lo scopo di una legge sui reati contri gli animali dovrebbe assicurarsi che il reato sia punito con pene commisurate al reato stesso, non penalizzare a priori chi alleva o importa gli animali», commenta Giuliano Grignaschi, portavoce di Research4Life e responsabile del benessere animale dell’Università degli Studi di Milano.
Soprattutto, i contributi previsti dalla proposta di legge per gli animali impiegati a fini scientifici sono significativamente maggiori di quelli per animali allevati ad altri scopi, anche a parità di specie. Per esempio, l’importo del contributo proposto per vertebrati quali uccelli, pesci e anfibi, è di 0,01 euro (0,05 per pollame, galline ovaiole e altri uccelli) ma sale a 0,3 per gli stessi animali destinati alla sperimentazione.
«I contributi richiesti agli allevatori e agli importatori non possono che determinare un aumento di prezzo sugli animali venduti. Questo, a sua volta, implica costi maggiori anche per i ricercatori che devono usare gli animali per i propri studi», commenta Grignaschi. «Ricordiamo che, in Italia, la sperimentazione in campo medico utilizza meno animali che in altri paesi, limitandola ai casi in cui essa è ancora necessaria, e si svolge seguendo rigidi protocolli a salvaguardia del loro benessere. Se abbiamo vaccini e altri farmaci anticancro e contro molte altre malattie, efficaci e sicuri, è proprio grazie alla ricerca condotta su animali, per l’80% topi e ratti».
La legislazione europea relativa alla tutela degli animali usati a fini scientifici è una delle più rigorose al mondo e fa sì che il campo della sperimentazione animale garantisca sempre elevati standard di benessere e protezione per le specie impiegate.
«Un animale in buona salute psicofisica, che non sia sottoposto a stress e sofferenze, è fondamentale non solo per ragioni etiche ma anche per assicurare risultati corretti alla ricerca stessa», spiega Grignaschi. «Gli animali da laboratorio hanno dunque livelli di cura molto elevati, e non solo dal punto di vista sanitario: a queste specie sono infatti garantiti anche un ambiente idoneo dal punto di vista etologico e un controllo attento delle condizioni psicologiche. Ovviamente, il loro uso è vietato se esiste un metodo alternativo validato che garantisca risultati scientifici altrettanto affidabili».
Risulta quindi incomprensibile la distinzione tra il contributo richiesto per gli animali allevati per la sperimentazione rispetto a quelli allevati per tutti gli altri scopi. «Sembra trasparire dalla proposta un intento punitivo nei confronti della sperimentazione animale. Che pure, a differenza dell’allevamento ad altri scopi, ha motivazioni etiche ben precise e ricadute pratiche fondamentali non solo per la società ma anche, spesso, per gli animali stessi. Infatti, non è solo l’unica via disponibile per lo studio di terapie – comprese quelle per malattie a oggi incurabili – ma anche, per esempio, per lo sviluppo di farmaci veterinari sicuri ed efficaci», commenta Grignaschi. «L’impressione è che, ancora, il mondo della ricerca sia indirettamente rappresentato o percepito come popolato da scienziati privi di sensibilità nei confronti degli animali con cui lavorano. Non è così; anzi, è ben dimostrato come gli stessi ricercatori patiscano lo stress della sperimentazione animale. In molti campi della ricerca, però, questa è tutt’oggi l’unica via percorribile: chi la pratica dovrebbe veder tutelato il proprio lavoro, non subire lo stress di ulteriori attacchi o penalizzazioni».
Qui il pdf del comunicato di Research4Life