Riportiamo i principali dati che emergono dalle statistiche relative all’uso di animali a fini scientifici, pubblicate dalla Commissione europea, iniziando a dare uno sguardo al numero complessivo di animali usati per la prima volta, alle specie più coinvolte e alla loro provenienza
Come ogni anno, in accordo con quanto previsto dalla Direttiva 2010/63/EU, la Commissione europea ha pubblicato i più recenti dati relativi agli animali usati a fini scientifici negli Stati membri e in Norvegia.
Quest’anno, per la prima volta, sono usciti in contemporanea i report relativi a due diversi anni, il 2021 e il 2022. Altra novità è l’aggiornamento delle categorie di classificazione, introdotto a partire dai dati per il 2021 e volto a limitare le categorie più eterogenee, quelle indicate nei report precedenti come “altro”.
Riportiamo i dati principali che emergono dai due report, approfittando della loro uscita in contemporanea per confrontare le statistiche tra il 2021 e il 2022. Dati più dettagliati, riguardanti per esempio gli animali usati distinti per specie oltre che per classe o altre forme di classificazione, percentuali di confronto tra primati provenienti da colonie auto-sostenute e non distinti per specie, specifiche sugli animali che ancora rimangono nella categoria “altro” sono chiaramente dettagliati all’interno dei report, pubblici e disponibili per tutti.
Come sempre, iniziamo dando un’occhiata ai dati relativi al numero di animali, alle specie più utilizzate e alla loro provenienza. Ricordiamo che il report include fin dal 2018 i dati provenienti dalla Norvegia, ma già dallo scorso anno esclude quelli della Gran Bretagna. Inoltre ricordiamo che, secondo quanto previsto dalla Direttiva 2010/63/EU per la tutela degli animali usati a fini scientifici, gli animali considerati sono i vertebrati e i cefalopodi, mentre sono esclusi tutti gli altri invertebrati.
2021- 2022: quanti animali?
Se tra il 2018 e il 2020 il numero di animali usati a fini scientifici in UE ha segnato un costante calo, nel 2021 si registra un nuovo aumento: 9,41 milioni di animali usati per la prima volta, un +18,5% rispetto agli animali usati nel 2020. La ragione, spiega il report, è da ricercarsi in tre progetti europei, due dei quali condotti in Norvegia (sui salmoni) e uno in Spagna, che ha usato la forma larvale delle spigole. Da soli, questi tre progetti hanno richiesto l’uso di oltre 1,3 milioni di animali. Inoltre, specifica il report, parte dell’incremento si spiega con la ripresa di progetti che erano stati rimandati o bloccati a causa dei lockdown nel 2020. È da precisare, comunque, che a fronte di questo aumento 13 Stati membri hanno avuto una diminuzione degli animali usati per la prima volta.
A confermare l’eccezionalità del 2021, il 2022 ha visto un nuovo declino numero di animali usati, scesi a 8,38 milioni (-10,9% rispetto al 2021 e -5% rispetto al 2018, a confermare un generale trend decrescente).
Ricordiamo che questi animali non tengono conto di quelli usati per la creazione e il mantenimento di linee geneticamente modificate, per i quali la Commissione europea elabora delle statistiche a parte.
Quali specie?
I topi si confermano la specie più usata a fini scientifici: nel 2021 rappresentavano oltre il 43% delle specie usate, nel 2022 il 47,8%. Seguono i pesci che, soprattutto nel 2021 (in relazione ai tre progetti già citati), hanno segnato un importante aumento arrivando a rappresentare il 36,5% degli animali utilizzati. La maggior parte erano infatti salmoni, trote, salmerini, temoli e spigole. I pesci sono al secondo posto come animali usati anche nel 2022, ma in percentuali minori (30,3%).
Analogamente agli scorsi anni, gli altri animali più utilizzati a seguire sono i ratti, il pollame domestico e infine i conigli. Nel 2021 si è registrato un aumento nel numero di primati non umani rispetto al 2020 (+11% circa), relativo soprattutto a un aumento nel numero di macachi rheso, ma comunque inferiore a quello del 2018. L’aumento si è mantenuto anche nel 2022, sempre mantenendosi inferiore al 2018 (-5,4%).
Origine degli animali
Il report UE presenta sempre una sezione dedicata all’origine degli animali usati a fini scientifici. Si tratta di un aspetto importante, perché gli allevamenti registrati in UE seguono norme specifiche per assicurare gli standard previsti dalla Direttiva. Questi ultimi rappresentano l’80,8% del luogo di origine degli animali usati nel 2021, esclusi i primati non umani, per i quali la Commissione europea fa una valutazione a parte. Il 17% degli animali proviene dall’UE ma non da un allevatore registrato: in questa categoria ricadono anche, per esempio, gli animali selvatici, come rane e rettili, e provenienti da fattorie, ma anche cani e gatti di famiglia che sono stati coinvolti in studi per disordini genetici (calcolati se sottoposti anche solo a un prelievo di sangue) o per il trattamento di alcune malattie. L’aumento di questa categoria rispetto agli anni passati è da imputarsi soprattutto all’uso di pesci usati per i tre progetti che hanno comportato anche l’aumento degli animali usati.
Infine, nel 2021 il 2,2% degli animali utilizzati proviene dal Stati al di fuori dell’UE (sia in Europa sia nel resto del mondo).
Se la percentuale di animali provenienti da allevamenti registrati nell’UE si mantiene simile anche nel 2022, aumenta invece la percentuale di quelli provenienti da Paesi extra UE che, per la prima volta in quattro anni, sale al 5% (l’1,6% proviene dall’Europa e il 4,5% da altre aree del mondo).
Origine degli animali: i primati non umani
La Direttiva 2010/63/EU vuole dare tutele ulteriori ai primati non umani “per via della loro prossimità genetica agli esseri umani, delle loro sviluppate abilità sociali e della capacità di patire dolore, sofferenza e distress”. Al netto della considerazione che tali capacità sono condivise da molte altre specie, questa scelta comporta valutazioni a parte sui primati usati a fini scientifici, e in particolare nei report relativi alla loro provenienza. Infatti, come sempre la Direttiva specifica, la cattura dallo stato selvatico è altamente stressante per gli animali, oltre a comportare un rischio di traumi fisici e sofferenza psicologica. A ciò, riteniamo bene ricordare che alcune delle specie usate a fini scientifici sono oggi a rischio di estinzione, e che il prelievo dallo stato selvatico rappresenta un ulteriore rischio per la loro conservazione.
Per queste ragioni, comunque, la Commissione europea incentiva l’uso di primati provenienti da colonie auto-sostenute all’interno dell’UE. Tuttavia, gli animali provenienti da queste colonie non sono mai stati neanche lontanamente sufficienti a coprire le necessità scientifiche. Tanto nel 2021 quanto nel 2022, così come negli anni precedenti, infatti, la stragrande maggioranza dei primati proveniva per quasi la metà dall’Africa, quindi dall’Asia e solo in piccole percentuali, intorno al 12%, da allevamenti registrati in UE. Il report precisa anche che il leggero aumento di animali importati dall’Africa nel 2022 è dovuto al divieto di esportazione di animali della Cina, seguito della pandemia di COVID-19 (e che peraltro ha causato una grave scarsità di primati necessari per i test dei vaccini contro SARS-CoV-2 nei centri di ricerca europei e statunitensi).
Infine, il report riporta le percentuali di primati provenienti da colonie auto-sostenute, all’interno all’esterno dell’UE.