Una proteina presente in modo specifico sulla superficie delle cellule tumorali di neuroblastoma e nel microambiente tumorale potrebbe contribuire al rilascio specifico di farmaci mirati, riducendo il rischio di effetti indesiderati
Colpire le cellule tumorali, evitando quelle sane: è quanto sono riusciti a fare in laboratorio alcuni ricercatori dell’IRCCS Istituto Gaslini di Genova. Hanno lavorato sul neuroblastoma, dopo aver scoperto la presenza di una proteina chiamata nucleolina sulle cellule di questo tumore e del microambiente che lo circonda. Per ora, i risultati riguardano cellule tumorali in coltura e animali di laboratorio, ma costituiscono il primo passo per lo sviluppo di terapie che in futuro potrebbero arrivare ai pazienti.
A coordinare il lavoro, condotto con il sostegno di Fondazione AIRC, è stato il dottor Fabio Pastorino, del laboratorio di Terapie sperimentali per l’oncologia diretto dal dottor Mirco Ponzoni. “Da tempo ci occupiamo di sistemi di rilascio specifico di farmaci contro il neuroblastoma, uno dei tumori più frequenti in età pediatrica” racconta Pastorino. “Per esempio lavoriamo con i liposomi, nanoparticelle lipidiche nelle quali i farmaci vengono incapsulati per essere trasportati là dove servono”. Nel tentativo di ottimizzare la capacità di questi veicoli di raggiungere in modo specifico le cellule tumorali, i ricercatori hanno concentrato la loro attenzione sulla nucleolina.
“È una proteina presente a livelli piuttosto bassi nel nucleo di tutte le cellule dell’organismo, ma sappiamo che in presenza di infezioni virali o di tumori in pazienti adulti può andare incontro a cambiamenti sia nelle quantità, sia nella localizzazione cellulare. Per questo abbiamo deciso di studiarla anche in un tumore pediatrico, il neuroblastoma appunto” afferma Pastorino. Esperimenti condotti con vari tipi di cellule in coltura e con topi di laboratorio hanno rivelato la presenza della nucleolina sia sulla superficie delle cellule tumorali, sia su quella di cellule presenti nel microambiente circostante.
“Significa – prosegue il ricercatore – che la nucleolina potrebbe essere utilizzata come nuovo marcatore diagnostico e prognostico per il neuroblastoma, ma anche come bersaglio a cui mirare per indirizzare meglio i liposomi”. La prova di efficacia, per ora sempre sugli animali, c’è già. “Abbiamo posizionato sulla superficie di liposomi caricati con l’antitumorale doxorubicina una molecola in grado di riconoscere la nucleolina presente sulla superficie delle cellule tumorali. In topi con neuroblastoma o nei quali sono stati trapiantati tumori derivati da pazienti, queste nanoparticelle hanno effettivamente raggiunto il bersaglio in modo mirato, aumentando il potere terapeutico del farmaco e riducendo il rischio di effetti indesiderati”. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research.
Per Pastorino l’utilizzo degli animali nella ricerca oncologica rimane necessario, pur nel rispetto dei principi che prevedono la sostituzione, quando possibile, della sperimentazione animale con metodi alternativi, la riduzione del numero di animali utilizzati e il miglioramento delle loro condizioni. “Oggi possiamo sostituire parte della sperimentazione animale con metodi e strumenti diversi, come gli organoidi, ma non possiamo eliminarla del tutto. Nessun metodo, infatti, è in grado di restituire la complessità di un tumore e delle sue interazioni con il sistema immunitario e con l’ambiente che lo circonda. Inoltre, non dimentichiamo che i test sugli animali sono richiesti per legge dagli enti regolatori per poter accedere alla sperimentazione clinica e all’approvazione dei farmaci”.
Titolo originale dell’articolo: Cell surface Nucleolin represents a novel cellular target for neuroblastoma therapy
Titolo della rivista: Journal of Experimental & Clinical Cancer Research
Data di pubblicazione originale: 2 giugno 2021