La sentenza del III sezione del Consiglio di Stato (CdS) (1) che consente la ripresa del Progetto LightUp è un ragionevole, anche se tardivo, lampo di ragionevolezza. La sequenza temporale degli eventi è ormai nota. Soffermiamoci sul vulnus che l’operato della III sezione ha inferto alla separazione, che deve esistere in uno Stato di diritto, tra i compiti e limiti della magistratura ed il fare della scienza.
Mettiamo anche da parte l’ovvia considerazione che la magistratura, amministrativa o penale, ha il dovere di intervenire nei casi di violazione della legge, in questo caso il DL.vo 26/2014 (2) sulla sperimentazione animale. Il limite che la legge impone è che la magistratura non possa intervenire nel merito degli aspetti scientifici e radici culturali di un progetto di ricerca già approvato dagli enti regolatori nazionali ed internazionali a ciò preposti, come nel caso di LightUp.
La richiesta del CdS alle Università di Torino e Parma ed al Ministero della Sanità di fornire le prove che non esistessero metodi alternativi all’uso dei macachi per studiare le residue capacità visive, a seguito di lesione delle aree visive cerebrali, è stato un chiaro esempio di capovolgimento dell’onere della prova, che andava chiesta al ricorrente, la LAV.
Per il progetto LightUp non era stato possibile reperire nella letteratura scientifica studi che mostrassero metodi alternativi in grado di studiare un fenomeno complesso, come un costrutto mentale, tra l’altro alterato. A ciò non sarebbero neanche serviti i modelli computazionali tanto cari alla LAV. Questi, infatti, sono sempre ispirati da dati sperimentali raccolti grazie ai modelli animali, e solo in questo caso in grado di predire possibili e nuovi comportamenti di una rete neurale, artificiale o biologica che sia. Esiste una letteratura di grande spessore scientifico su questi aspetti. Ma questo la LAV non lo sa, né può saperlo la III sezione del CdS. Da sottolineare che questa posizione è ormai uno stanco refrain animalista e della responsabile di questioni bio-sanitarie della LAV, Michela Kuan, la stessa che, in un suo “ispirato” articolo volto a combattere la povertà nel mondo e curare Ebola, ha proposto l’uso di “minerali e vitamine adeguati”2, e non certo quel vaccino scoperto proprio grazie all’uso dei macachi.
Il principio di ragionevolezza imponeva di rigettare il ricorso della LAV contro LightUp, come aveva fatto per ben due volte il TAR del Lazio. Oltre ad entrare nel merito del progetto, il CdS ha anche ignorato questo elementare principio, imponendo ai ricercatori, alle loro Università ed al Ministero della Salute, in quanto parti della catena autorizzativa, l’onere di dimostrare l’esistenza di ciò che non può esistere nello studio di funzioni nervose complesse, quei metodi alternativi, appunto, che sono sempre più una prospettiva illusoria per la ricerca fondamentale e translazionale.
Grazie alla coraggiosa e, per la prima volta non solitaria, battaglia dei responsabili della ricerca, i Professori Marco Tamietto e Luca Bonini, che hanno sentito il dovere di agire, e grazie al nostro continuo impegno ed ai dubbi sul comportamento dei giudici amministrativi espressi da diversi mezzi di informazione, il CdS ha chiesto a due esperti esterni un parere, peraltro non vincolante, che è stato dato in senso favorevole alla continuazione del progetto.
In conclusione, le precedenti delibere della III sezione del CdS, le esternazioni su LightUp del suo Presidente, Franco Frattini (4), collaboratore e testimonial (5) di una della parti in causa (la LAV), le perplessità che tutto ciò ha suscitato nella comunità scientifica e sulla stampa circa la terzietà di un collegio giudicante, fanno capire che aria tiri in alcune aule di Palazzo Spada, un luogo dove un’altra prospettiva illusoria, quella del Borromini, fa apparire grande ciò che nella realtà è piccolo, vera magia dell’architettura barocca!
Ci auguriamo che questo tardivo lampo di ragionevolezza del CdS, che è benvenuto, non venga smentito in futuro e che il rapporto tra magistratura e scienza evolva in senso costruttivo e non conflittuale, sulla base di una chiara separazione dei ruoli. Come in un bell’articolo del 28.1.2021 di Fiorenzo Conti (Presidente della Società italiana di Fisiologia) su Il Foglio, diciamo “Ofelè fa el to mesté!”.
La lezione positiva di questa storia è che per la prima volta emerge una comunità scientifica consapevole, combattiva e trasparente, che fa della difesa e diffusione del sapere scientifico e del dubbio ad esso inerente, non più considerati come un “tempo perso”, un aspetto costitutivo del divenire uno scienziato moderno. Nella scienza di domani, gli scienziati, ancora troppi, che rimangono chiusi nelle isole dorate dei loro laboratori non troveranno diritto di cittadinanza. L’aggiunta di nuove foto a questo embrionale album di famiglia renderà possibile combattere e vincere l’irrazionalità che oscura il pensare ed il fare, di vasti settori delle società moderne.
Roberto Caminiti
Neurofisiologo
Responsabile del Gruppo operativo sulla sperimentazione animale del Patto Trasversale per la Scienza.
1. https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/dcsnprr (N. 00863/2021)
2. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/03/14/14G00036/sg
3. https://www.lav.it/news/ebola-curiamo-la-poverta-invece-di-testare-inutilmente-vaccini-su-scimmie